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Italo Lana (a cura di) – Storia della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino, Presentazione di N. Tranfaglia – 2000

Italo Lana (a cura di)
Leo S. Olschki, Firenze

Anno di pubblicazione: 2000

La storia di una facoltà universitaria in età contemporanea viene a collocarsi nel punto di intersezione fra diversi itinerari di ricerca: ad esempio, la storia in senso lato “politica” delle istituzioni accademiche, che implica il riferimento a più generali aspetti dell’assetto politico statuale, l’indagine sui caratteri e sulla composizione del corpo docente e di quello studentesco – e sulla natura “professionale” degli uni, e sulle aspettative e le prospettive di collocazione degli altri -, un accostamento alla storia intellettuale che consideri non solo marginalmente il problema delle condizioni specifiche della definizione, della produzione e della trasmissione dei saperi. Una serie di contributi interessanti e ricchi in questo senso – qua e là qualche punto da rivedere, specie per quel che riguarda l’illustrazione delle vicende torinesi in rapporto al quadro normativo nazionale – sono raccolti nel volume dedicato alla storia di una delle principali facoltà letterarie italiane. Si tratta di ventidue saggi, due dei quali volti opportunamente a ricostruire la lunga preistoria della moderna facoltà, con la traccia decisiva lasciata, a Torino come altrove, dall’esperienza francese; cinque riservati alla storia intellettuale ed istituzionale della facoltà dall’Unità ad oggi – con la valorizzazione, da una parte, di una fonte come i verbali dei consigli di facoltà, e dall’altra di testimonianze personali incrociate, nelle quali non manca la registrazione di scontri e tensioni, come avviene negli scritti di Rossi e Tranfaglia -, quattordici che comprendono una serie di bilanci riservati ai vari campi disciplinari nei quali è venuta articolandosi, attraverso un lento processo di crescita e di diversificazione, l’attività di insegnamento e di ricerca all’interno della facoltà, ed un utile prospetto statistico conclusivo su iscritti e laureati, sulla struttura interna del corpo studentesco, sui docenti e sui presidi. Non è possibile entrare nel merito dei singoli saggi, in specie per quel che riguarda profili disciplinari complessi e di lunga durata, con i profili di una serie di studiosi di rilevanza non solo nazionale; si potranno ricordare alcuni tratti generali che emergono dalle ricostruzioni proposte, come la ridefinizione del “positivismo” accademico torinese discusso da Pogliano, o il ricorrente motivo dell’atteggiamento di fronte al fascismo – scrive Rossi che si trattò di “un atteggiamento acquiescente che, se non denotava particolare entusiasmo, non mostrava neppure segni di opposizione” (p. 165) -, della facoltà che ebbe fra i suoi liberi docenti, oltre al sovrano, anche De Vecchi, ma che vide pure il rifiuto del giuramento da parte di Lionello Venturi – e di altri ex docenti della facoltà, Gaetano De Sanctis e Giorgio Levi della Vida -, che perse, a causa delle leggi razziali, Debenedetti, Falco e Momigliano – e, a proposito di quest’ultimo, la documentazione emersa di recente suggerisce integrazioni, e complica il giudizio .

Mauro Moretti