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Italo Magnani – Dibattito tra economisti italiani di fine Ottocento – 2002

Italo Magnani
Milano, Franco Angeli, pp. 341, euro 30,00

Anno di pubblicazione: 2002

Scritto da un economista già noto per i suoi studi sulla storia del pensiero economico italiano, questo libro dal titolo minimalista si rivolge agli economisti. La vicenda indagata, la disputa tra gli economisti liberisti e marginalisti della terza serie del ?Giornale degli economisti? e gli economisti riformisti e storicisti della ?Riforma sociale?, assume così i toni dell’historia magistra vitae e addita un’epoca in cui una rigorosa ricerca teorica si sposava con un impegno ideale volto a individuare i principali problemi del paese e prospettare soluzioni per essi. Tuttavia il testo ha le qualità del lavoro di storia, sia per l’uso rigoroso delle fonti ? in particolare l’ingente mole di carteggi pubblicati negli ultimi decenni ? sia per la capacità di formulare ipotesi interpretative attentamente contestualizzate.
Il volume ricostruisce la storia del dibattito economico italiano a partire dal 1890, quando Ugo Mazzola, Antonio de Viti de Marco e Maffeo Pantaleoni acquistano la languente testata del ?Giornale degli economisti? per farne l’organo del nuovo indirizzo scientifico, marginalista e liberista intransigente. Viene poi studiata la nascita, nel 1894, della ?Riforma sociale? di Francesco Saverio Nitti, rivista che intende federare gli eredi dell’indirizzo interventista imbevuto di positivismo, storicismo e ?sociofilia? della ?scuola lombardo-veneta?, orientandolo verso un riformismo moderno e non ostile al socialismo. La contesa è seguita per un decennio, non solo sul piano della battaglia delle idee, ma anche su quelli dei rapporti con il potere, delle vicende editoriali, delle guerre concorsuali, finché con l’ingresso di Einaudi come condirettore della ?Riforma Sociale? (1902) le ragioni della contrapposizione vengono meno. Magnani può allora concludere decretando vincitori e vinti: nel breve periodo i nittiani, che seppero incidere sulle politiche economiche e sociali dell’età giolittiana occupando posizioni politiche di rilievo, mentre gli intransigenti liberisti non riuscirono ad andare al di là di una sterile quanto appassionata critica, che trovò interlocutori solo in una frangia dell’opinione pubblica; nel lungo periodo invece proprio questi ultimi, giacché seppero intendere la natura rigorosamente scientifica dell’economica.
È merito del volume mostrare quanto un folto gruppo di economisti professionali abbiano inciso sulla vicenda politica e intellettuale dell’Italia liberale. Dal punto di vista dottrinale, risulta inoltre chiarita la dialettica interna al marginalismo italiano, in particolare la contrapposizione tra Pantaleoni e Pareto circa il modo di concepire la scienza economica a partire, rispettivamente, dal fenomeno del valore e da quello dell’equilibrio. Più discutibile ci sembra invece la ricostruzione della cultura economica nittiana, di cui Magnani finisce per sottolineare soprattutto l’indubbio pragmatismo e l’empirismo. Non è così ben valorizzata la coerente carica modernizzatrice del pensiero di Nitti, con profonde intuizioni sulla funzionalità degli alti salari allo sviluppo e su un riequilibrio geografico tra Nord e Sud basato sull’energia elettrica a basso costo e sui poli di sviluppo industriale.

Marco E.L. Guidi