Cerca

Le navi bianche. Profughi e rimpatriati dall’estero e dalle colonie dopo la seconda guerra mondiale: una storia italiana dimenticata (1939-1991)

Romain H. Rainero
Mergozzo, Sedi- zioni Diego Dejaco, 336 pp., € 30,00

Anno di pubblicazione: 2015

L’attenzione dell’opinione pubblica e della stessa storiografia nei confronti del ritor- no degli italiani dall’estero dopo la guerra ha riguardato in prevalenza i militari prigio- nieri in Germania e in Unione Sovietica o le vicende legate all’esodo delle popolazioni dell’Istria e della Venezia Giulia. Quasi del tutto ignorata è stata invece la sorte delle centinaia di migliaia di italiani – all’incirca 1.700.000 – che dovettero abbandonare le loro case, i loro beni e il loro lavoro nel periodo compreso tra l’inizio del conflitto e l’immediato dopoguerra, senza dimenticare, per quanto riguarda soprattutto gli italiani di Libia, le conseguenze della decolonizzazione: problema questo di dimensioni europee, come mette in luce l’ultimo capitolo.
Scopo dell’a. è quello di ricostruire le vicissitudini degli «italiani d’Africa» e non solo di quelli delle colonie italiane dell’Etiopia, dell’Eritrea, della Somalia e della Libia, ma anche dei residenti, spesso da molte generazioni, in Egitto e in Tunisia, una «storia dimenticata» colpevolmente da giornalisti e studiosi.
L’analisi dei motivi di questo oblio, che sono molti, potrebbe fornire una buona oc- casione per una riflessione critica sulle tendenze della nostra storiografia, nonché per in- durre i giovani ad affrontare argomenti che sono stati scarsamente presi in considerazione per un certo conformismo culturale, o perché ritenuti ingiustamente poco interessanti.
Il capitolo che dà il titolo all’intero volume, i Viaggi delle «Navi Bianche» – l’avven- turoso rimpatrio di migliaia di italiani dall’Africa Orientale conquistata dagli inglesi, in seguito a un faticoso accordo con i vincitori – mostra come sia possibile, sulla base di una documentazione certamente difficile da trovare, ma comunque reperibile, ricostruire le vicende umane di coloro che furono costretti a tornarono in patria – la patria che molti non avevano mai visto – e che furono accolti con diffidenza, alloggiati in scomodi campi profughi e poi dimenticati dalle autorità, perché giudicati, semplicisticamente e spesso arbitrariamente, come fascisti.
Emblematica, da questo punto di vista, è l’odissea del «bimbi libici», che costituisce l’argomento del terzo capitolo del libro: si tratta della storia di un gruppo di giovani, figli dei coloni recatisi in Libia nel 1938 e 1939, che il governatore Italo Balbo decise, poco prima dell’entrata in guerra dell’Italia, di mandare in patria «anticipando le vacanze esti- ve». Separati dai genitori, affidati alle colonie marine e montane della Gil, questi «bimbi», di età compresa tra i 4 e i 14 anni, videro trasformarsi in un autentico calvario la loro esistenza dopo il 25 luglio 1943, quando furono dispersi tra istituzioni religiose e famiglie volonterose; molti però «furono perduti senza lasciare tracce sulle strade di una Italia dila- niata che, solo a fine conflitto, seppe di questi loro drammi» (p. 158).
Una vicenda certo senza lieto fine, che, insieme a quella di tutti i profughi di una guerra non voluta da loro, meritano un posto adeguato nella storia d’Italia.

Maurizio Punzo