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L’Internazionale comunista. Il sogno infranto del partito mondiale della rivoluzione (1919-1943)

Serge Wolikow
Roma, Carocci, V-221 pp., € 23,00 (ed. or. Paris, Les Éditions de L’Atelier/Éditions ouvrières, 2010, traduzione di Marco Di Maggio)

Anno di pubblicazione: 2016

È ora pubblicata la traduzione dell’importante saggio di Serge Wolikow, apparso per
la prima volta in Francia nel 2010. L’a. è uno studioso – già noto anche in Italia – della
storia del movimento operaio francese e internazionale.
Aperto da un lungo e originale capitolo sull’organizzazione interna dell’Internazionale
comunista e dei suoi organi collaterali di fiancheggiamento, il libro continua con la
ricostruzione delle sue repentine svolte politiche: dalla parola d’ordine del «fronte unico»
con la socialdemocrazia (1921- 1924); alla linea «classe contro classe», con l’omologazione
dei partiti socialdemocratici europei a quelli fascisti (1925-1933). Nel 1935, il VII
congresso compie un’apparente virata di 180°: «fronte popolare» antifascista con i socialdemocratici
e la democrazia di sinistra, ovunque sia possibile, sull’esempio del trionfo
di una tale formula nelle elezioni politiche francesi della primavera del 1935, cui segue
quello nelle elezioni politiche spagnole del luglio 1936.
Ma alla fine del 1938 l’Urss staliniana comincia a preoccuparsi soprattutto dell’isolamento
sul piano internazionale e inizia a cercare nuove vie per assicurare la propria
sicurezza, fino al patto di «non aggressione» con la Germania nazista dell’agosto 1939. Le
preoccupazioni sovietiche per la sicurezza entravano in contrasto con la linea dell’Internazionale.
I comunisti europei si divisero tra i sostenitori della politica estera sovietica e
quelli che tentarono di conciliare il patto germano-sovietico con la linea del VII congresso.
Nel partito francese comparve addirittura un gruppo favorevole a intavolare trattative
con l’occupante tedesco (dal giugno 1940) della Francia. Il centro sovietico e gli organi
dirigenti dell’Internazionale giunsero alla conclusione che non sarebbe più stato possibile
riconciliare le preoccupazioni di sicurezza nazionale dell’Urss con la linea «rivoluzionaria»
universalistica del «partito della rivoluzione mondiale». Esso non si era dimostrato «in
grado di mettere in campo una strategia comune per i diversi partiti» (p. 205) e fu infine
sciolto, nel maggio 1943.
Si tratta di una trattazione esaustiva e, al tempo stesso, agile e sintetica: che, tuttavia,
paga qualche prezzo all’intelligibilità del testo. La conferenza di Monaco è solo menzionata
a p. 166: si vuole suggerire che Monaco non fu decisiva per orientare Stalin verso
l’intesa con i nazisti? D’altra parte, l’a. ha reso intelligentemente conto del senso politico
del VI congresso dell’Internazionale (1928), nei cui documenti rileva una posizione di
significativa riserva verso la linea «classe contro classe».
Ma una seconda oscurità contenuta nel saggio è nella reiterata affermazione di Wolikow
che la storia dell’Internazionale comunista è importante per lo storico contemporaneo
e per gli uomini del mondo attuale. Ci sarebbero oggi «nuovi protagonisti, […] dove
continuano a trovare spazio alcune delle illusioni e delle speranze di cui il Komintern era
stato portatore» (p. 216). Di grazia…: quali «nuovi protagonisti»?

Francesco Benvenuti