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Lucio Villari – L’insonnia del ‘900 – 2000

Lucio Villari
Paravia-Scriptorium, Torino

Anno di pubblicazione: 2000

È un atlante ideologico del Novecento, la cui insonnia è stata alimentata dal “conflitto tra previsioni coraggiose, premonizioni intelligenti, e fatti implacabili, elementari, ideologici” (p. 5).
Articolato per temi, il saggio accantona i tradizionali conflitti ideologici e si concentra sulle questioni che hanno nutrito la Modernità, impronta propria del Novecento. Richiamandosi a Ernst Mach, Villari intravede nella storia “una forma di conoscenza che serva a capire il passato, ma utilizzandola in modo diverso: conoscere sì il passato per capire il presente, ma in un rapporto rovesciato: risalire appunto dal presente verso il passato” (p. 13). Alla luce di questa indicazione metodologica, articola i temi.
La “tecnica vittoriosa” è la cifra della seconda rivoluzione industriale, strettamente intrecciata con l’organizzazione militaristica dei principali paesi e con il loro rigoglio culturale.
Per il tramite di Tocqueville, Wilde, Veblen e Sombart, esamina “lo spirito borghese e l’ideologia del capitalismo”, segnalando le “lesioni” tra ideali borghesi e successi del capitalismo e dell’industrializzazione.
La “macchina intelligente”, cioè il taylorismo, si declina nel tentativo di “una completa rivoluzione mentale” (p. 43) degli uomini orientati alla produzione: privilegiando la fase della direzione tecnica “estrae dal lavoratore un valore aggiuntivo che richiede una partecipazione cosciente più che un apporto esclusivamente fisico, muscolare” (p. 44).
“L’autocritica borghese” condensa la ricerca di soluzioni della cultura nei primi decenni del Novecento di fronte al rischio di autonomizzazione della tecnica. È nell’opera di Walter Rathenau l’exemplum della riflessione su temi scioltisi solo alla fine del secolo.
Il “suicidio” dell’Europa è il senso della Grande Guerra, che crea una scissione spirituale e sociale mai colmata. Ne sono paradigma le posizioni di un testimone del secolo: Ernst Jünger: “La coscienza e la volontà della guerra – osserva Villari – possono essere, alla fine, la salvezza di un mondo che ha la disperazione della massificazione” (p. 75).
Il periodo tra le due guerre, “coscienza infelice di una civiltà e non solo di un secolo” (p. 76), è il tempo della “scoperta” e del “rifiuto della democrazia”. Delle due forze, entrambe racchiuse nell’esperienza di Weimar, Villari offre un’attenta ricostruzione. Ma tra le due guerre si realizza anche l’eccezione alla regola che aveva strangolato la democrazia tedesca: il New Deal, “esito di alterazioni politiche del mercato e insieme del raggiungimento al livello più alto dei processi di socializzazione del capitale stesso” (p. 108); realizzazione di un progetto di assorbimento del capitalismo nelle istituzioni.
Infine, “la nuova democrazia e il Welfare” reinseriscono “le strutture economiche e le attività produttive all’interno di un sistema politico dove la democrazia salvaguardasse gli interessi collettivi e non fosse la sentinella di un molecolare individualismo consumistico” (p. 116).
Alla fine del Novecento, con la globalizzazione che prende il posto della tecnica vittoriosa, Villari teme l’abbandono dell’insonnia novecentesca, crocianamente intesa come “la coincidenza dello spettacolo della storia con la verità dell’etica” (p. 129).

Paolo Soddu