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Marco Cuzzi – L’internazionale delle camicie nere. I CAUR, Comitati d’azione per l’universalità di Roma 1933-1939 – 2005

Marco Cuzzi
Milano, Mursia, pp. 469, euro 22,00

Anno di pubblicazione: 2005

Strana ma emblematica storia, questa dei Comitati d’azione per l’universalità di Roma. Vi si specchiano paradigmatiche contraddizioni del regime fascista.
La corposa e seria ricerca di Cuzzi, già autore di studi su RSI e forme d’occupazione in Slovenia durante la guerra fascista, colma una lacuna storiografica nella bibliografia sulla controversa via italiana al totalitarismo (pur tra difficoltà che il lettore deve superare: stile farraginoso dell’autore, capitoli lunghi senza indicazione di sottodivisioni in paragrafi, errori di corrispondenza tra testo e note, mancanza di un utile indice dei nomi, una presentazione di Ledeen che cerca di diversificare a tutti i costi il fascismo dal nazismo facendo perdere di vista i temi del volume).
Preparati dopo il tornante del 1929 attraverso la propaganda dottrinaria e pubblicistica (si pensi a riviste gestite da personaggi, in primis Asvero Gravelli, che intendevano rappresentare la ?meglio gioventù? del regime, scuotendola dall’incipiente burocratizzazione e risvegliandone gli istinti ?rivoluzionari?), i CAUR vennero fondati nel 1933. Ebbero sedi in varie nazioni europee, coordinati da Eugenio Coselschi, uomo discutibile, avvolto da lati oscuri, legato da ambigui rapporti con i vertici del regime, veterano della Grande guerra e legionario fiumano (come d’altronde Gravelli: non un caso). I compiti dei Comitati, sulla carta, erano parecchi, tra cui organizzare i simpatizzanti stranieri in Italia e diffondere le idee del regime oltrefrontiera, ma in sostanza ve n’era uno: sulla base di un presunto carattere universale del fascismo, tentare di metter su una sorta di ?internazionale? fascista composta da singoli e movimenti che in Europa si richiamavano o ammiccavano al fascismo.
Coselschi (del quale il volume è di fatto una parziale biografia) avrebbe promosso incontri a livello continentale dei CAUR solo nell’arco di pochi mesi. Dopo il 1935, benché formalmente esistenti fino al 1939, i CAUR non si riunirono più. Il loro fu un fallimento. Avevano tare troppo profonde per aspirare a lunga vita e trovare un senso nel pur capiente alveo di una dittatura in cui convivevano contraddizioni e incoerenze. Nati dopo annose oscillazioni di Mussolini (che definiva il fascismo un prodotto squisitamente italiano, non esportabile); sballottati nella fluttuante politica estera fascista; sostenuti prima e scaricati poi dal regime; utilizzati in chiave di contenimento del montante nazismo e quindi sacrificati all’alleanza reciproca; minati dall’inconsistenza teorica dell’?universalismo? fascista basato sull’idea di una Terza Roma; incrinati nella credibilità dall’equivoco ruolo giocato da molti loro esponenti; segnati dalle frustrazioni di una generazione che sognò una ?seconda rivoluzione permanente?; finiti nel tritacarne delle lotte intestine del regime, i CAUR furono in realtà uno dei frutti del capiente ventre mitopoietico del fascismo, la cui fertile capacità creò l’ennesimo mito abortito, cartina di tornasole dello scarto tra enunciazioni di principio e prassi, sempre così stridente nell’intera parabola del totalitarismo italiano e suo precipuo tratto distintivo.

Enzo Fimiani