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Maria Luisa Betri e Daniela Maldini Chiarito (a cura di) – Scritture di desiderio e di ricordo. Autobiografia, diari, memorie tra Settecento e Novecento – 2002

Maria Luisa Betri e Daniela Maldini Chiarito (a cura di)
Milano, Franco Angeli, pp. 444, euro 27,00

Anno di pubblicazione: 2002

Pur se raccoglie gli atti di un convegno con interventi di storici e letterati, il volume si rivela una lettura sorprendentemente serrata. L’interesse delle curatrici ha un pregevole precedente in un altro volume dedicato agli epistolari (?Annale Sissco? II/2001, p. 177). Dunque, ?scritture dell’io?, autobiografie, ricordi, memorie, diari, cronache, journaux intimes, assecondando la molla principale che Alfieri identificava nel ?molto amore di se stesso?: il piacere del ricordare, il desiderio di essere ricordati e di fermare sulla carta persone, episodi e luoghi ritenuti cruciali, ?la traduzione in scrittura della concezione di sé? (p. 78), il desiderio di rappresentarsi ricostruendo la propria esperienza in maniera edificante, ?l’io atterrato dalla vita? che avanza sulla pagina ?recitando la propria apologia e chiede commiserazione? (p. 172), l’introiezione del ?dover essere?, dei principi morali e degli obblighi sociali del proprio ceto, l’intento di trasmetterli alle generazioni future. Gli autori di queste scritture sono disparati, da Monaldo Leopardi a Tommaseo e Guerrazzi; dall’oscuro piccolo borghese recanatese e prete mancato Antonio Bravi alle ispettrici scolastiche, emissarie governative nel conflitto post-unitario tra Stato e Chiesa; dal mezzadro mantovano Attilio Magri, al patrizio fiorentino Giuseppe Pelli, al botanico siciliano Filippo Parlatore, ai parroci mantovani di Otto-Novecento; dalla fondatrice della prima ambulanza-scuola per infermiere della croce rossa italiana, al futuro papa Roncalli. Dietro una tale massa documentaria si intravede la trama affluente di fondazioni e centri di ricerca, biblioteche e archivi pubblici e privati e una schiera di eredi amorevoli, conservatori intelligenti, spesso disseminati nella colta provincia italiana. Forte la peculiarità del diario di donne, di lunga data se già nel ?600 si presenta come ?lo strumento di verifica del progresso ch’erano chiamate a compiere sulla strada del perfezionamento morale dell’esistenza, il patto con se stesse? (p. 115). Scrivere un diario è apprendistato di virtù, serve a distogliere dalla lettura corruttrice dei romanzi, a inculcare il senso della vita come opera di carità e di apostolato, la cura nello studio, l’introiezione di un forte senso del dovere, del buon uso del tempo, della responsabilità individuale verso gli altri, insomma di una scala normativa forte e della sua trasmissione.
Il problema indicato da Daniel Roche come ?la scoperta della storicità all’interno della personalità? è il rovello di molti interventi che studiano un testo ? anche rintracciandone l’influenza di altri modelli (la supplica, la perorazione, il romanzo, il giornale di viaggio, ecc.) ? in stretto rapporto con una biografia e nel rimando al contesto, anche quando lo stesso autore sembra passare indifferente in mezzo a grandi avvenimenti con ?attenzione esclusiva al suo particolare? (p. 146). L’accento giustamente polemico sulla ?serie di pregiudizi e inibizioni? della scrittura autobiografica conduce alla rivendicazione (superflua) di quanto essa sia ?in grado di contribuire in modo rilevante alla conoscenza storica? (p. 20) e insieme alla constatazione della marginalità (rispetto a cosa?) di molti personaggi.

Giovanna Fiume