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Maria Malatesta – Professionisti e gentiluomini. Storia delle professioni nell’Europa contemporanea – 2006

Maria Malatesta
Torino, Einaudi, XVI-399 pp., euro 25,00

Anno di pubblicazione: 2006

Al tema delle professioni Maria Malatesta ha dedicato già in passato ricerche importanti. Basti pensare alla sua cura dell’Annale della Storia d’Italia Einaudi ? I professionisti ?, uscito giusto dieci anni fa e al volume Society and the Professions in Italy 1860-1914, pure da lei curato, un anno prima, per Cambridge University Press e ristampato nel 2002. Ora la sua attenzione si allarga al di là del caso italiano e quella che l’autrice propone è una sintesi comparata che prende sistematicamente in considerazione la storia delle professioni (legali, mediche, contabili, e, ancora, gli ingegneri) anche in Gran Bretagna, in Francia e in Germania e che talvolta offre anche qualche significativo affondo sulle vicende di altri paesi occidentali. È un lavoro imponente, del quale le quasi quaranta pagine di aggiornatissima appendice restituiscono tutto lo spessore e la serietà, mostrando come l’autrice abbia saputo muoversi efficacemente tra storia e sociologia, per tracciare un profilo di lungo periodo che muove dalla caduta degli antichi regimi e arriva ai giorni nostri. Fortemente protesi verso pretese pubblicistiche ? motivate da una autoraffigurazione che poneva particolare enfasi su una «identità di servizio nei confronti della comunità» (p. 350) e che si cristallizzava volentieri nell’immagine del professionista gentiluomo, «capace di mantenere quel giusto equilibrio tra onore e utile, tipico del canone della prudenza di antico regime » (p. 351) ?, nell’inoltrarsi lungo il tragitto della modernità ottocentesca i professionisti (di per sé una delle metonimie canoniche della borghesia contemporanea) fruirono a lungo ? pur in un quadro di varianti nazionali le cui caratteristiche i capitoli centrali del volume illustrano con minuziosa accuratezza ? di una legittimazione costituzionale ben emblematizzata dalle condizioni di monopolio garantite loro dalla vigenza di istituzioni come gli Ordini. Furono parti del pubblico, e di un pubblico che si declinava esclusivamente al maschile. Ma le sequenze finali della ricerca ci raccontano un’altra storia, tematizzando con efficacia le principali trasformazioni prodottesi nel Novecento e oltre, fino a quella che è cronaca dei giorni nostri: da un lato (capitolo VI) la cessazione del monopolio maschile sulle professioni, dall’altro la nuova dipendenza di queste dalla dimensione del mercato e dell’impresa, sempre più intensa in seguito alla «crescita del numero dei professionisti caratteristica della società post-industriale » (p. 354) e della conseguente intensificazione di una concorrenza a lungo tenuta a bada dalla governance degli Ordini. Ed ecco emergere, sullo sfondo dell’appannamento, se non proprio della fine, del tradizionale umanesimo professionale, l’immagine del professionista-mercante, al posto di quella del gentiluomo, che il professionismo borghese ottocentesco aveva a suo tempo fatto propria, rielaborando e riaggiornando materiali culturali offertigli dalla tradizione dell’antico regime.

Marco Meriggi