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Maria Rosa Calderoni – La fucilazione dell’alpino Ortis – 1999

Maria Rosa Calderoni
Mursia, Milano

Anno di pubblicazione: 1999

Questo volume merita una segnalazione per il suo essere segno dei tempi e per il suo possibile uso didattico, più che per il contributo di documentazione, studio e ricerca veri e propri. L’a. costruisce la narrazione, spesso in prima persona, attorno alla vicenda di un soldato italiano, uno dei tanti processati e fucilati durante la Grande Guerra. L’accusa mossagli al tempo, peraltro, era una delle più comuni: diserzione più per ritardo di presentazione che per deliberato tentativo di fuga. L’alpino Ortis, nativo di un piccolo villaggio contadino della Carnia (Naunina, presso Pauluro) fu fucilato già il 1 luglio 1916.
Il volume è basato su una ricerca, in varie direzioni e presso vari archivi (Acs, militari, giudiziari, locali, privati ecc.), della possibile documentazione che riguarda questo caso di “ordinaria” giurisdizione militare. Il metodo, alla lontana, ricorda e anticipa quello usato da Alain Corbin nel suo ultimo volume su un “francese qualsiasi”. Documenta inoltre i recenti e vani tentativi fatti dai familiari presso le istituzioni di questa Repubblica di cancellare o di riesaminare il caso giudiziario di cui l’Ortis rimase vittima.
In termini storiografici, queste pagine non aggiungono nulla alle ricerche di Forcella e Monticone (Plotone di esecuzione, 1968), alla critica della classe dirigente in guerra fatta da Isnenghi e Rochat già trenta anni fa (e in questo 2000 approfondita e rivista) o alla denuncia circostanziata della lontananza dei comandi dalla truppa basata dalla Procacci su documenti inoppugnabili (1993, ried. 2000). Né l’anonimo soldato Ortis ha lasciato una documentazione di scrittura popolare, del tipo di quelle da tempo analizzate con acribia e passione dal gruppo “Materiali di lavoro”.
Rispetto a queste e ad altre ricerche scientifiche, il volume tenta però meritoriamente, presso un editore “specializzato” e a diffusione nazionale, di “tradurle” in un testo divulgativo e dall’uso appunto didattico. Esso appare al tempo stesso un prodotto, ed un agente, della diffusione in senso comune del rinnovamento storiografico degli ultimi decenni.
In tal senso, solo, sono superflui qua e là alcuni accenti enfatici dell’a., già corrispondente su temi giudiziari de “l’Unità” e poi di “Liberazione”, nonché un passo, che si legge nella peraltro importante Prefazione di Pietro Barcellona, per cui “tutti i soldati sono vittime della guerra”. Ciò è abbastanza estraneo alla storiografia anche più critica. Prima di essere fucilato, quasi sicuramente, anche l’alpino Ortis usò il suo fucile: e ciò rende più complesso il discorso.

Nicola Labanca