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Mario Del Pero, Federico Romero (a cura di) – Le crisi transatlantiche. Continuità e trasformazioni – 2007

Mario Del Pero, Federico Romero (a cura di)
Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, XVI-139 pp., Euro 18,00

Anno di pubblicazione: 2007

Così tanto in così poche pagine – si potrebbe dire, dato che i sei capitoli che compongono questo libro (a cui si aggiunge l’Introduzione dei curatori, che propone una chiave di lettura di carattere generale) riguardano nientemeno che mezzo secolo di storia dei rapporti tra Europa occidentale e Stati Uniti, che è come dire la storia del bipolarismo vista dalla parte occidentale.Storia nota e arcinota, se non fosse che la discussione sui temi qui rivisitati decennio per decennio richiede l’armonizzazione tra eventi apparentemente contraddittori, ai quali lo spirito narrativo degli aa. cerca di dare una coerenza che forse a sette mani non è facilissimo raggiungere. Il fatto è che la fine della guerra fredda ci ha colti impreparati e – più che altro – che la divaricazione delle traiettorie politico-internazionali delle due sponde dell’Atlantico rappresenta una vera e propria sorpresa rispetto al modello dell’armonico cammino dell’Occidente verso quella centralità statunitense a cui eravamo abituati. Fine di un’amicizia? O soltanto di un’alleanza? In quest’ultimo caso diremmo dunque che tra le due sponde dell’Atlantico c’era soltanto un rapporto di potenza (e ciò testimonierebbe di un rapporto sostanzialmente opportunistico, da entrambi i lati); nel primo invece si tratterebbe di un vero e proprio annuncio: una svolta epocale. Dopo aver in sostanza dato i natali agli Stati Uniti l’Europa li disconosce o ne è abbandonata?La conseguenza sarebbe, nel caso dell’alleanza, che la stra-potenza americana avrebbe consigliato agli occidentali di rifugiarsi sotto l’ombrello nucleare statunitense per puro opportunismo; mentre nel caso dell’amicizia, ciò che emergerebbe è una differente concezione della vita, meglio della globalizzazione (che difatti ha trovato molti più critici in Europa che negli Stati Uniti). Chi vuole farsi un’idea su queste alternative non ha che da scorrere i capitoli scritti da Brogi (sulla CED, in cui già emerge un dissidio tra le due sponde), da Varsori (qui il gioco è scontato: si tratta della «ribellione» di de Gaulle). I capitoli di Gilbert (sugli anni ’70) e di Nuti (sugli anni ’80) riguardano i momenti oggettivamente più complessi dell’intera vicenda. Il primo periodo perché è quello in cui gli Stati Uniti sono costretti ad accettare che gli europei abbiano delle idee diverse dalle loro (e a Kissinger non andò mai giù), nonché di una delle più grandi manovre diplomatiche europee, quella che portò all’Atto finale della CSCE di Helsinki (primo agosto 1975). Il secondo perché è quello in cui un’aggressiva politica nucleare statunitense mette alle corde l’URSS fino al punto di costringerla a gettare la spugna (8 dicembre 1987, trattato INF). Il capitolo di Lucarelli, infine, sfoglia la prima pagina di un nuovo libro, quello delle «nuove» guerre, che potrebbero essere l’indizio del sorgere di una società internazionale ancora incapace di disegnare il suo futuro, stretta tra il multilateralismo all’europea e l’unilateralismo statunitense (su cui si conclude l’ultimo capitolo, di Del Pero), ma in linea di massima intenzionata a ridurre la centralità storica delle guerre.

Luigi Bonanate