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Massimo Baioni – Risorgimento in camicia nera. Studi, istituzioni, musei nell’Italia fascista – 2006

Massimo Baioni
Roma, Carocci, 290 pp., euro 32,60

Anno di pubblicazione: 2006

Confluiscono in questo volume vari filoni di ricerca coltivati da Baioni nell’arco di un ventennio, a partire dalla tesi di laurea sulla fortuna di Oriani durante il fascismo: il «mito del precursore», appunto, la musealizzazione del passato, la memoria e le interpretazioni del Risorgimento, la costruzione di identità locali anche in rapporto all’identità nazionale, la memoria di guerra.La materia è organizzata secondo una scansione più tematica che cronologica, anche se nei quattro capitoli del volume il baricentro della narrazione si sposta via via in avanti, dalla prima alla seconda guerra mondiale. Nel primo capitolo si seguono le linee di continuità con il passato risorgimentale, tracciate dal fascismo attraverso l’irrendentismo e la guerra. Nel secondo, fatto cenno ai richiami al Risorgimento nella costruzione di una identità fascista, il discorso si incentra sul rapporto del fascismo con gli intellettuali, che si definisce anche attraverso la creazione, o la ristrutturazione, della rete di associazioni e istituzioni preposte alla promozione e al controllo della storia nazionale. Poi il punto di osservazione si sposta all’interno dell’Istituto per la storia del Risorgimento. Il terzo capitolo è dedicato alle attitudini della storiografia risorgimentista a modellare i paradigmi interpretativi in armonia, di volta in volta, con la tradizione sabauda, con i rinnovati rapporti con la Chiesa, con la nuova realtà imperiale. Nel quarto, la vita dell’Istituto è ricostruita, oltre che in relazione al riallestimento del Museo di Torino, nei rapporti con i comitati locali: rapporti ambigui, in cui alla trasmissione dal centro delle riletture fasciste del passato nazionale faceva spesso riscontro una resistenza passiva opposta in periferia dalla tradizione delle «piccole patrie» (p. 238), che si esprimeva riproponendo la centralità delle glorie locali nella ricerca e nei percorsi museali.Personaggio chiave di questo itinerario nella cultura dell’Italia fascista è Cesare Maria De Vecchi di Val Cismon, regista dal 1933 della riorganizzazione degli istituti storici e garante fino al crollo del regime, come presidente, delle attività dell’Istituto per la storia del Risorgimento. La personalità del quadrumviro, ricostruita soprattutto attraverso il carteggio con Ghisalberti, emerge come ben più autorevole e propositiva rispetto a quella del gerarca-burocrate rude e sbrigativo, tratteggiata nel dopoguerra per rimarcare come l’Istituto, malgrado quella «presenza abbastanza ingombrante» (così la Morelli, a p. 142), avesse mantenuto una sostanziale autonomia, che legittimava la continuità del gruppo dirigente.Il tema stesso del volume e il ventaglio di situazioni e di personaggi di cui dà conto portano Baioni a confrontarsi continuamente con la vasta bibliografia sulla cultura italiana durante il fascismo: quella scientificamente avvertita e ben consolidata nei risultati, e quella, recente, volta principalmente a creare o rinfocolar diatribe sulle terze pagine dei giornali. L’esser riuscito a non cadere nella pania di quelle polemiche, pur senza rinunciare mai a prender posizione, talvolta anche in modo assai netto, va a suo grande merito.

Alfio Signorelli