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Mirko Cerati – Un bersagliere nella R.S.I. “Obbedire o non obbedire?” Diario di un giovane bersagliere della R.S.I. Settembre 1943-Maggio 1945 – 2002

Mirko Cerati
Bologna, Lo Scarabeo, pp. 126, euro 18,00

Anno di pubblicazione: 2002

?Ma io non mi considero né mi sono mai nemmeno sognato di essere stato un eroe. Ero soltanto un cittadino italiano che obbediva alla legge vigente e quindi prestava il servizio militare al quale era stato chiamato? (p. 91). Mirko Cerati nelle sue memorie (non si tratta infatti di un diario, come suggerisce il titolo, ma di un racconto autobiografico di cui almeno una parte è stata scritta in anni recenti) tende a presentarsi come un semplice soldato, anziché un “soldato politico” o un “politico soldato” come altri partecipi dell’esperienza di Salò hanno teso a rappresentarsi. Nessuna ricerca della “Bella morte”, nessun entusiasmo per lo squadrismo alla Ernst von Salomon (come Carlo Mazzantini) o per il Risorgimento nazionale (come Roberto Vivarelli): Cerati si arruola volontario nel corpo dei bersaglieri per sfuggire all’invio in Germania, non già perché mosso da ansie di riscatto e resurrezione. E finisce casualmente nei bersaglieri. Un ?semivolontario?, si definisce; un “combattente di Salò” più che un “combattente per Salò”, lo si potrebbe definire.
Più che fascista, Cerati si mostra infatti quale uomo d’ordine che tende all’obbedienza verso l’autorità e disprezza ogni forma di disobbedienza tra cui, quindi, la Resistenza e il partigianato. La RSI è per lui l’autorità e, chiamato alle armi, non può non presentarsi; ma avrebbe sempre ricercato l’incarico meno oneroso e soprattutto di salvarsi la vita.
Nel settembre 1943 ha diciannove anni, è studente universitario e proviene da una famiglia benestante di Borgo Val di Taro (Parma). Il padre, un industriale, è un fascista convinto; ma le sue passioni non sembrano riversarsi allo stesso grado nel figlio il quale giudica un errore l’entrata in guerra dell’Italia, critica lo stato dell’armamento e dell’equipaggiamento e legge la sua intera esperienza nella RSI come un viaggio esclusivamente militare. Aspetto quest’ultimo che fa delle memorie di Cerati un classico racconto maschile della guerra. Vi è infatti registrato ogni minimo dettaglio della vita di caserma, dell’istruzione, delle armi e del loro uso, di un’impresa, di una cattura, di una fuga, nonché dei successivi spostamenti (e modificazioni) del reparto (che opera soprattutto in provincia di Imperia). E, come è tipico dei racconti maschili della guerra, anche questo tende a sminuire il nemico e vuole correggere quanto altri (in specie la letteratura resistenziale) hanno scritto sui medesimi episodi (pp. 75-76).
Da notarsi è la naturalezza con cui Cerati giudica quella guerra alla stregua di una qualsiasi guerra: normali diventano le rappresaglie (pp. 79 e 82) e le esecuzioni a freddo (p. 90). Del tutto normale l’alleanza con la Germania di cui encomia il volto militare separandolo da quello politico. I tedeschi, poi, non sono solo ammirati per la loro efficienza bellica, sono anche esaltati come leali, generosi, ?protettori? (pp. 42, 60-1, 101-2, 116): più che normale dunque prendere ordini da loro e concludere l’esperienza in un reparto speciale tedesco, il Riedel Gruppe.

Dianella Gagliani