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Nicola Labanca (a cura di) – Informazione di guerra, informazione in guerra – 2004

Nicola Labanca (a cura di)
Siena, Protagon Editori Toscani, pp. 134, euro 12,00

Anno di pubblicazione: 2004

Il volume curato da Nicola Labanca affronta un tema oggi di gran moda: ovvero, quello relativo ai confini che intercorrono, specie in occasioni particolari come sono i periodi di conflitto, fra libero esercizio di un’attività di informazione (ineludibile presupposto per l’affermazione di una società regolata dall’?agire comunicativo?) e fenomeni di accentuato condizionamento dello stesso flusso informativo. E questo è uno dei terreni privilegiati per misurare l’ampiezza delle illusioni generatesi all’indomani della caduta del muro di Berlino. Infatti, tale evento non solo non ha condotto alla ?fine della storia?, ma neppure alla fine della propaganda. Perché come può essere altrimenti definita l’informazione del giornalismo embedded se non propaganda?
Da questo punto di vista, questo volume rappresenta un buon esempio di come un workshop possa trasformarsi in una interessante pubblicazione. E l’origine ? il workshop ? è probabilmente alla base sia dei pregi del libro sia dei suoi limiti. Allora, un plauso sincero va al curatore poiché il mettere a confronto competenze e saperi differenti rappresenta un sicuro e indubbio merito. In questo modo, accanto a storici attenti al mondo dei media come Giovanni Gozzini, possiamo trovare studiosi della comunicazione di massa come Enrico Menduni, Maurizio Boldrini e Tiziano Bonini. Soprattutto, vi sono persone che hanno accumulato grandi competenze ?sul campo?. Militari come Piero Vatteroni e Guglielmo Luigi Miliglietta; decani del giornalismo di guerra come Mimmo Candito. Siamo inoltre d’accordo con il curatore del volume quando afferma che ?molte delle discipline che più comunemente si occupano dei problemi dell’informazione non sempre possono ? da sole ? aspirare a cogliere tutti i complessi problemi che la comunicazione dei conflitti pone ai molteplici attori coinvolti: mass media, forze armate, governi, opinioni pubbliche, ecc.?. Lo stesso curatore aggiunge poi: ?È solo dall’intreccio di più competenze scientifiche che la questione, sempre centrale per le democrazie, della comunicazione e della guerra può essere rischiarata? (p. 8).
Tuttavia, come si accennava in precedenza, il rischio della pluridisciplinarità ? ovvero, la difficoltà di sintetizzare efficacemente linguaggi e interessi differenti ? è più che evidente proprio in questo volume. Il fatto poi che le relazioni siano particolarmente ?schiacciate? sul case study della terza guerra del Golfo non aiuta certo gli autori, poiché impedisce loro di stemperare il ?tecnicismo? (cosa che, probabilmente, sarebbe risultata attenuata se la riflessione fosse stata condotta su un più ampio periodo storico). D’altro canto, occorre comunque rendere merito a Nicola Labanca il quale è riuscito a colmare in parte questa lacuna nella sua introduzione. Probabilmente è questo il compito specifico del sapere storico e il volume, pur con i limiti di cui si è detto, è un valido esempio della strada da seguire.

Andrea Baravelli