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Silvio Pons e Andrea Romano (a cura di) – Russia in the Age of Wars, 1914-1945, Annali della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Anno trentaquattresimo – 2000

Silvio Pons e Andrea Romano (a cura di)
Feltrinelli, Milano

Anno di pubblicazione: 2000

È un libro di rilievo, anche se estremamente specialistico, quello che Silvio Pons e Andrea Romano propongono e che può essere letto come una sorta di primo bilancio dei nuovi traguardi raggiunti dagli studiosi nel campo della storia sovietica fra le due guerre, una storia per la prima volta letta e analizzata alla luce della preziosissima documentazione che gli archivi ex sovietici avevano messo a disposizione nel decennio appena trascorso. Nel volume i sedici autori offrono una rilettura convincente, riccamente documentata, e anche abbastanza omogenea, delle esperienze fondanti il nuovo stato bolscevico tra il 1914 e il 1945 alla luce del complesso intreccio che legò il patrimonio ideologico dei suoi leaders e l’esperienza della Grande Guerra prima, e della guerra civile subito dopo, alle scelte che essi poi operarono negli anni venti e trenta tanto nel campo della politica interna che di quella internazionale. Dagli anni del comunismo di guerra a quelli della psicosi del conflitto, dall’emergere della figura di Litvinov nei primi anni trenta alle ragioni internazionali che furono sottese al Grande Terrore, il volume procede a ritmo serrato ripercorrendo il grande tema della sicurezza nazionale e del modo in cui Stalin intese a ogni costo preservarla anche dopo il 1945. Il paradigma dell’inevitabilità della guerra, frutto insieme dell’esperienza storica e del bagaglio ideologico che componeva la cultura bolscevica, diventa così il filo conduttore che lega, anche se in maniera non sempre evidente, le cinque sezioni in cui il volume è suddiviso. Estranei a questa proposta interpretativa appaiono per esempio i due saggi, peraltro molto belli, di Mark L. Von Hagen e Peter Gatrell che aprono il volume con una trattazione specifica sui temi dell’identità nazionale e sulle vicende delle minoranze etniche dell’Impero zarista nel contesto bellico. Il tema della psicosi di guerra, vero o presunto che talvolta fosse a scopi di pura mobilitazione interna, lega invece in maniera armonica le altre parti del volume in cui temi tradizionali e nuovi si intrecciano alla luce di un’analisi ricca e accurata da parte dei vari autori. Molto interessante, senza nulla voler togliere agli altri, risulta l’insieme dei saggi dedicati agli aspetti più propriamente militari e al complesso quanto profondo rapporto che si venne a creare in quegli anni tra la percezione che i vertici dell’Armata Rossa da un lato e i servizi segreti dall’altro ebbero del pericolo di guerra e il modo in cui tale percezione si rifletté e insieme condizionò alcune delle scelte fondamentali della pianificazione economica unanimemente considerata uno dei passaggi ineludibili per la comprensione della “rivoluzione staliniana” che appunto negli anni fra le due guerre fu portata a compimento.

Elena Dundovich