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Società, Stato e Chiesa in Italia. Dal tardo Settecento a oggi

Giuseppe Battelli
Roma, Carocci, 207 pp., € 16,00

Anno di pubblicazione: 2013

Nelle pagine conclusive l’a. asserisce di aver «ripercorso il dialettico rapporto tra cattolicesimo e società» italiana lungo i due ultimi secoli (p. 180). Ma di dialettica nell’agile volume ce n’è poca. C’è piuttosto la narrazione di una lunga e pervicace opposizione della Chiesa cattolica al cammino della «modernità», con il suo corredo – dato per scontato – di secolarizzazione: entrambe fatte senz’altro risalire, nella loro genesi, alla Rivoluzione francese. Ad attrarre principalmente l’attenzione dell’a. sono le strategie dispiegate dalla Chiesa, considerata nella sua struttura gerarchica incentrata sul papato, dapprima allo scopo di evitare o rallentare l’avanzata di una – peraltro irreversibile – modernizzazione culturale, sociale e politica, in una prospettiva «costantiniana» costantemente riproposta; e poi per riconquistare una posizione di controllo egemonico sulla società italiana, facendo leva, da una certa epoca, sulla mobilitazione del laicato cattolico organizzato in falangi compatte come massa di manovra di una inesausta «crociata» antimoderna. Ne risulta una storia eccessivamente lineare nel suo svolgimento che conosce una temporanea interruzione solo con il pontificato di Giovanni XXIII e con il Concilio Vaticano II, apprezzato dall’a. come evento in qualche misura epocale, ma rimasto, nella sua visione, esterno alla Chiesa italiana e comunque smentito nei suoi tratti innovatori dal governo dei successivi pontefici, incluso quello di Paolo VI. Una parentesi, dunque, rapidamente chiusa per mano degli ambienti curiali tradizionalisti o delle loro emanazioni nell’episcopato italiano. In questa cornice la società italiana trova forzatamente un posto molto marginale per due principali ragioni. Anzitutto perché lo sguardo dell’a. procede quasi esclusivamente, salvo episodici squarci dedicati, un po’ alla rinfusa, a figure e gruppi «anticonformisti», dai vertici istituzionali alla base della Chiesa, facendo rientrare nello stesso disegno di riconquista cristiana anche il ruolo da essa attribuito ai partiti a base cattolica postisi sul terreno delle moderne libertà politiche, come il Partito popolare e la Democrazia cristiana. In secondo luogo, perché solo una limitata considerazione viene riservata al terzo soggetto evocato nel titolo, vale a dire allo Stato, in quanto attore non di secondo piano delle dinamiche di rimodellamento della società italiana. Sicché, per citare due esempi eloquenti, nessun risalto viene concesso alla politica ecclesiastica dello Stato liberale; mentre nel capitolo intitolato alla «ricostruzione guelfa dell’Italia» – come viene definita l’epoca postbellica – tutto il discorso, certamente complesso, sul ruolo del «partito cattolico» nell’edificazione costituzionale dello Stato repubblicano e del suo inserimento nel campo delle democrazie occidentali, sembrerebbe ridursi alla vexata quaestio del richiamo dei Patti lateranensi nell’articolo 7 della Costituzione (pp. 115-116). Un po’ più di dialettica (e un po’ più di cautela nei criteri di giudizio) avrebbe giovato alla qualità dell’opera.

Francesco Traniello