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Stefano Rolando – Una voce poco fa. Politica, comunicazione e media nella vicenda del Partito Socialista Italiano dal 1976 al 1994 – 2009

Stefano Rolando
Venezia, Marsilio, 252 pp., euro 29,00

Anno di pubblicazione: 2009

Il titolo del libro evoca la famosa aria dell’opera rossiniana Barbiere di Siviglia, ma ancor di più ricorda che la voce del Partito socialista italiano ha ormai cessato di essere emessa ed ascoltata. Una voce che negli anni qui esaminati ebbe la duplice funzione di rilanciare il ruolo dei socialisti nel contesto nazionale e di rinnovare le forme della comunicazione politica, proprio mentre stavano cambiando gli assetti dell’industria radiotelevisiva. Sono questi, pertanto, i due ambiti nei quali si muove il libro di Rolando, dal momento che l’accento posto sulle dinamiche comunicative del Psi di Craxi non impedisce (ma al contrario stimola) l’analisi più generale sulle vicende politico-istituzionali e sulla cultura politica che caratterizzarono la parabola finale del Partito socialista.Il volume, originato da un convegno promosso dalla Fondazione Craxi nel 2006, si presenta sotto forma di domande-risposte, inserite all’interno di cornici tematiche introdotte e commentate dall’a., rivolte ad una sessantina di interlocutori, perlopiù appartenenti al gruppo dirigente socialista di quegli anni, ma anche storici, studiosi ed esponenti di altre forze politiche: Gianni De Michelis, Francesco Cossiga, Giuliano Amato, gli storici Simona Colarizi e Massimo Teodori, il politologo Gianfranco Pasquino, solo per citarne alcuni. Questa formula, che non ha la pretesa di dare un carattere sistematico all’analisi delle politiche comunicative del Psi, come del resto precisa l’a., ha altresì il pregio di offrire una pluralità di interpretazioni e memorie che possono diventare altrettanti spunti per successivi approfondimenti.Anticipatrice da vari punti di vista, la vicenda del Psi negli anni ’80 fu caratterizzata dal tentativo di recuperare la secolare tradizione riformista del socialismo italiano, ancorandola al modello delle socialdemocrazie europee, e contemporaneamente dalla formulazione di una strategia comunicativa nuova, segnata dalla presenza di un leader carismatico e in sintonia col nascente «duopolio» televisivo di cui Craxi fu tra i principali fautori. Indubbie furono le sue doti comunicative, ma soprattutto la capacità di coniugare l’armamentario retorico classico, quello della tradizione nenniana, con formule e sintesi linguistiche «moderne», proprie di «una politica che ricerca consenso» e che perciò ricorre alla «comunicazione» (p. 151).Il Psi di Craxi fu dunque un vero e proprio laboratorio politico; non esente, però, da contraddizioni e limiti, responsabili per molti versi dell’epilogo finale. Difficile e complesso rimase sempre il rapporto tra i media italiani e il leader socialista, così come negli anni finali del «decadimento» Craxi non riuscì più «a mettere la politica e la storia di quella politica al centro della sua comunicazione»; caduto in disgrazia, mise «se stesso come contenuto comunicativo», ma ormai nell’opinione pubblica saliva un desiderio di «feroce cancellazione» (p. 178). E a questo proposito si può ricordare la chiosa fatta da uno degli intervistati: «la comunicazione, da sola, non può sostituire la politica» (p. 189).

Giulia Guazzaloca