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Südtirol. Storia di una guerra rimossa (1956-1967)

Mauro Marcantoni, Giorgio Postal
Roma, Donzelli, XIV-114 pp., € 17,50

Anno di pubblicazione: 2014

Il libro di Marcantoni (sociologo e giornalista) e Postal (parlamentare Dc per sei
legislature) ricostruisce la vicenda del terrorismo in Alto Adige negli anni ’60; è lo sguardo
di due attenti osservatori trentini alla storia della vicina provincia di Bolzano. Edito nella
collana delle «Saggine», l’agile volumetto contiene la sintesi piuttosto sommaria di questo
capitolo della questione altoatesina, assai poco frequentato dalla storiografia nazionale.
Una «guerra rimossa» su cui pesa il ritardo con cui sono state più in generale recepite
nel dibattito storico e politico le problematiche legate alle autonomie territoriali e alle
minoranze linguistiche. Tutti temi che, collocati in una più ampia prospettiva europea
di riferimento, acquistano rilievo e invitano a una più approfondita riflessione. Nella sua
introduzione Giuseppe De Rita non manca di mettere in luce questo aspetto. Nel sottolineare
le valenze etniche e territoriali del fenomeno del terrorismo altoatesino, egli insiste
sull’importanza di analizzare il ruolo della dimensione identitaria nella vicenda sudtirolese,
anche per capire meglio le dinamiche che caratterizzano i rapporti tra maggioranze e
minoranze linguistiche conviventi in un unico territorio.
Per ricostruire le radici della «guerra rimossa» gli aa. percorrono a grandi tappe tutti
i passaggi cruciali della storia dell’Alto Adige a partire dalla nascita della Südtirolerfrage
(questione altoatesina) nel 1919, passando attraverso l’italianizzazione forzata del
Ventennio, le opzioni del 1939, l’occupazione del Reich nel periodo dell’Alpenvorland
(1943-1945), il patto De Gasperi Gruber (1946), il primo statuto di autonomia (1948)
e la crisi politica degli anni ’50. L’excursus storico si chiude alla fine degli anni ’60 con
l’approvazione del Pacchetto quando, secondo la periodizzazione proposta (1956-1967),
si esaurisce anche la fase del terrorismo in Alto Adige.
Gli aa. pongono in giusta luce il lavorio costante delle diplomazie italiana e austriaca
e la volontà di mantenere aperto il confronto politico tra governo e rappresentanti della
minoranza di lingua tedesca, nonostante lo stillicidio degli attentati con il permanente
stato di tensione tra i gruppi linguistici (p. 78). Fu questa volontà di dialogo tra le parti
e non le bombe a condurre a soluzione la questione altoatesina e a permettere l’inizio di
una nuova fase dell’autonomia (1972). Gli aa. ribadiscono opportunamente questa tesi
interpretativa consolidata ormai anche sul piano storiografico, ma finiscono per far coincidere
la risoluzione pacifica del conflitto, rappresentata dall’entrata in vigore del nuovo
statuto di autonomia, con la sostanziale scomparsa del fenomeno terroristico. In realtà,
come risulta anche dalla relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta (1992), il
terrorismo in Alto Adige è una vicenda assai più lunga (1956-1988) e dallo sviluppo non
lineare. L’ampiezza dell’arco temporale fa capire che si tratta di un fenomeno complesso,
posto sullo sfondo di scenari politici interni e internazionali assai diversi tra loro nonché
caratterizzato da differenti matrici e filoni.

Giorgio Mezzalira