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Un regno al tramonto. Lo Stato borbonico tra riforme e crisi (1858-1861)

Sebastiano Angelo Granata
Roma, Carocci, 182 pp., € 23,00

Anno di pubblicazione: 2015

Granata sceglie la prospettiva interna alle istituzioni del Regno delle Due Sicilie per
comprendere le ragioni della sua rovinosa caduta e riflettere sulla partecipazione dell’ex
regno all’unificazione italiana, confrontandosi con un dibattito storiografico diventato
più ricco dopo le celebrazioni dell’anniversario dell’Unità. L’a. evidenzia come, sullo sfondo
del nuovo ritmo della politica europea e italiana, marcata da personaggi del calibro
di Napoleone III o Cavour, il confronto tra dirigenti come Filangieri e Carrascosa, tra
vecchi e nuovi esponenti dei governi di Francesco II, apparisse superato, segnato da analisi
chiuse nella dimensione regionale, spesso da gelosie e rivalità interne agli apparati. La crisi
dell’estate del 1860 confermò il logoramento di un sistema politico-dinastico incapace di
misurarsi con le novità del liberalismo e, soprattutto, del patriottismo romantico panitaliano.
L’esperimento siciliano fu lo specchio di questa marginalità politica del Regno. Granata
ricostruisce la fase finale del regime di Ferdinando II nell’isola, dopo le scosse del
1856-1857, quando Bentivegna, Milano e Pisacane portarono ancora una volta i problemi
delle Due Sicilie sul palcoscenico europeo. Il re rispose cambiando i vertici delle istituzioni
isolane, sia a Palermo che nelle province, cercando di coinvolgere funzionari come
Pilo, uomini che nel 1848 avevano partecipato, anche moderatamente, alla mobilitazione
autonomista. In secondo luogo, tentò di rinnovare la presenza governativa, investendo su
progetti ambiziosi di cambiamento delle infrastrutture siciliane. Insomma un programma
di ampliamento del consenso, sia a livello di gruppi politici che di opinione popolare, che
doveva superare la frattura iniziata oramai con la fine del Parlamento siciliano e l’unificazione
del 1816-1817.
La morte del re determinò la fine di questo tentativo, proprio mentre la politica di
Cavour spezzò per sempre l’equilibrio italiano. Francesco II non scelse una linea decisa,
oscillò tra le idee di Filangieri e quelle della corte, fino a relegare la politica siciliana alla
semplice azione repressiva, rinunciando alla centralità che il vecchio murattiano voleva
assegnare alla politica borbonica nell’isola. Questa scelta finì per radicalizzare un’opposizione
politica del resto mai sopita, rendendo possibile il successo della spedizione garibaldina
e della rivoluzione sull’isola. L’incapacità del regime di reagire alla sfida del
nazionalismo italiano fu quindi solo confermata dalla confusa e fallimentare reazione
della corte e degli alti ufficiali borbonici, durante la guerra di Sicilia, nel quadro di una
battaglia già perduta.

 Carmine Pinto