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Silvio Ficini (a cura di) – Dal fronte del sangue e della pietà. Il diario del capitano medico Gregorio Soldani nella Grande Guerra, Introduzione di Lucio Fabi – 2000

Silvio Ficini (a cura di)
Gaspari, Udine

Anno di pubblicazione: 2000

“Per sentimento non ero né interventista né neutralista. Il desiderio di vedere finalmente redenta tutta la nostra cara patria, non mi faceva dimenticare i sacrifici, le stragi, le incertezze di un conflitto così gigantesco; ma i fatti mi persuasero che lin guerra era per noi una necessità voluta dal presente e dal futuro”. Comincia così il diario di guerra del capitano medico Gregorio Soldani, volontario per “preciso dovere” dal maggio 1915, chirurgo nelle retrovie del fronte isontino dal novembre del 1916 fino alla rotta di Caporetto. Questo documento non si presenta come un altro fra i tanti esempi di memorialistica della Grande Guerra, ma ha caratteri quasi unici che ne consigliano una segnalazione.
Nato nel 1858, Soldani era un medico proveniente da una famiglia di piccoli possidenti del pisano, influente membro del notabilato locale. Agricoltore per vocazione (rinunciò a continuare la carriera per darsi alla cura delle sue tenute e agli studi di tecnica agraria, diventando socio dell’Accademia dei Georgofili), fu sindaco di Pontedera e, attivissimo pubblicista, uno dei più attivi difensori della mezzadria ma, ad un tempo, diffusore delle teorie della cooperazione in campo agricolo.
Figura inusuale fra gli ufficiali di complemento della Grande Guerra anche dal punto di vista generazionale, Soldani si presenta qui con la tiepidezza delle sue convinzioni “bellicistiche”, con il suo servizio militare non al fronte e con la sua idea molto chiara della guerra: si tratta di compiere il Risorgimento, di “vedere finalmente redenta la nostra amata patria”. È una convinzione che non vacilla nel medico nemmeno alla vista dei primi soldati dilaniati dalle granate, una “fiorente gioventù” che “perirà per una causa santa e giusta, ma di cui la maggior parte non ha neppure un’idea lontana”, nota Soldani con l’esperienza di chi ha pratica della realtà popolare (una realtà sconosciuta a molti giovani interventisti sbalzati dalle aule universitarie alle trincee) e con un disincantato acume che ricorda le pagine dell’”imboscato” Frescura.
Queste doti di osservatore di Soldani – ed ecco l’aspetto forse più importante – restituiscono alcuni dei quadri più nitidi sulla vita di guerra colta non nella comunità di trincea, di cui oggi sappiamo molto, ma nelle retrovie, ignorata in passato dalla storiografia militare. Il diario del medico non contiene solo resoconti delle drammatiche condizioni sanitarie del conflitto, o dei corpi sottoposti ad un macello industrializzato di amputazioni; è anche il resoconto di una zona di guerra popolata di imboscati, di popolazioni indifferenti alla retorica bellica e intente solo a sopravvivere, di ufficiali di carriera a volte eleganti, a volte brillanti, spesso vanesi e ignoranti. Il suo diario si presenta quindi come un preziosissimo contributo ad una migliore conoscenza della guerra fuori dalle trincee.

Marco Mondini