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Alberto Melloni (a cura di) – Otto settembre 1943. Le storie e le storiografie – 2005

Alberto Melloni (a cura di)
Reggio Emilia, Diabasis, pp. 322, euro 40,00

Anno di pubblicazione: 2005

Gli atti del convegno (tenuto l’8 settembre 2003 a Reggio Emilia) sono introdotti da un saggio di Alberto Melloni che mette in discussione la legittimità e l’utilità stessa della ?tribunalizzazione? della storia, auspicando che i contributi al convegno contribuiscano ad affermare ?con modestia e fermezza che quello che gli storici possono dare restando se stessi è un contributo significativo alla vita civile, a condizione di sapere che è nello sforzo (intuitus) di libertà e non nella pretesa di una qualche utilitas, la sua funzione più alta? (p. 13). Melloni segnala anche che i contributi del convegno non possono pretendere di esaurire la materia. Ed essi infatti si presentano come saggi non coesi, per certi aspetti quasi occasionali. E rivelano un’attenzione che, più che all’8 settembre, guarda alle conseguenze del tragico trauma, con ricerche che pure rivelano nuove decisive fonti documentarie (Giorgio Vecchio sulle diocesi e le parrocchie, Giovanna Procacci sugli IMI) o brillanti approfondimenti di categorie interpretative (Lorenzo Bertucelli sul tema dell’identità nazionale).
I temi di fondo si articolano tuttavia anche sul piano del bilancio storiografico rivelando uno sconcertante dualismo. Da una parte si lamentano ritardi e silenzi della storiografia; dall’altra si annuncia che d’ora in avanti, sulla scorta di una rinnovata coscienza, possiamo preparaci a nuove interpretazioni. È questo anche il senso dell’invito, rivolto da Sergio Zavoli nel suo intervento (non rivisto) e riportato in apertura, a utilizzare più ampiamente testimonianze e fonti orali. Che si accorda a un clima televisivo che meritoriamente ha portato tanti volti e tante voci alla conoscenza di quello che a sinistra si chiama ?grande pubblico? e che a destra è denominato ?gente?. Tuttavia, come ha cercato di fare nella sua introduzione Melloni, anche qui sarebbe opportuno distinguere ambiti e metodologie. Se parliamo di ?mestiere dello storico? non possiamo ignorare che le ricerche sono guidate, quando sono degne e significative, da un rapporto stretto con l’etica civile e politica. Ogni orientamento storiografico va valutato in relazione al tempo che l’ha prodotto. Molti i silenzi della storiografia italiana sull’ultimo cinquantennio. Gran parte sono il prodotto anche della debole riflessione sull’identità e sulla moralità nazionale. A questi silenzi non si rimedia tuttavia puntando genericamente il dito accusatore su una storiografia che, in realtà, ha avuto un sentimento del suo impegno civile molto più alto di quello che ha animato i mezzi di comunicazione di massa. E gli studiosi, quando fanno i bilanci storiografici, dovrebbero dismettere l’uggiosa abitudine di denunciare ciò ?non c’è?. Sarebbe meglio capire (e confessare) da dove nasce e che cosa si è proposto ?quello che c’è?. Altrimenti l’ossessivo ritornello ?gli storici non hanno studiato? minaccia di produrre soprattutto nei giovani un’ansia da prestazione che tornerà certamente pregiudizievole alla salute della storiografia contemporaneistica italiana.

Luigi Ganapini