Anno di pubblicazione: 2008
Diversamente da quanto suggerisce il sottotitolo, questa ricerca va oltre lo studio della corrispondenza dell’ambasciatore Caetani e offre un’ampia panoramica dell’impatto del fascismo sulle comunità italiane negli Stati Uniti e sull’opinione pubblica americana, attaverso l’intreccio di fonti diplomatiche e della stampa nei diversi Stati. Mentre l’introduzione rimane generica (con osservazioni sull’imparzialità del lavoro di storico e un excursus dei convegni a cui l’a. ha presentato il suo lavoro), la storia che segue è ricca di spunti interessanti. La vicenda inizia nel 1921, con l’immagine di masse di emigranti italiani bloccati nei porti di Filadelfia e New York perché sospetti di esser portatori di peste e tifo. Contemporaneamente, il governo americano approvava l’Immigration Quota Act, il cui impatto economico sull’Italia e sociale sugli italo-americani sono ben evidenziati dall’a. L’analisi della situazione italiana è però caratterizzata da generalizzazioni, con un’interpretazione solo economica delle origini del fascismo, e l’immagine di un presupposto «carattere peculiare del popolo italiano», con le masse in cerca «di utopie ad ogni angolo» (p. 23). Il panorama del dopoguerra (crisi economica, disoccupazione e squilibrio tra le classi) non era inoltre tipico solo dell’Italia. Il libro è più convincente quando tratta la situazione americana, anche se non è che sia stato «detto poco sul ruolo degli italoamericani e la loro reazione al fascismo negli Stati Uniti» (p. 40), basti pensare, fra gli altri, alle molte pubblicazioni di Luconi. Come aveva notato Salvemini, per la maggioranza degli italo-americani il fascismo rappresentò una ritrovata identità nazionale e funzionò come antidoto contro il pregiudizio xenofobo. Le iniziative del primo fascismo negli Stati Uniti si limitavano a promuovere iniziative culturali, sportive e filantropiche. Come suggeriva Caetani a Mussolini, bisognava trattenersi dall’organizzare propaganda politica, per evitare contrasti con le autorità e non incrinare i rapporti fra i due paesi. Nazzaro spiega attraverso una meticolosa analisi dei giornali americani la reazione al delitto Matteotti, che rafforzò Mussolini, dipinto nella maggioranza della stampa come estraneo ai fatti e lodato nella difficile opera di pacificare l’Italia. L’affare Matteotti divise la comunità anglo-italiana tra pro-fascisti e antifascisti, identificati come socialisti. Per gli americani, erano meglio i primi, tanto che «gli anni 1924-1925 videro la Waterloo dell’antifascismo italo-americano» (p. 66). Nazzaro fornisce una mappa delle varie formazioni fasciste e antifasciste negli Stati Uniti: l’appoggio della classe dirigente americana a Mussolini provocò una forte reazione delle Camere del lavoro e delle varie associazioni internazionaliste e socialiste già a metà degli anni ’20. L’atteggiamento del governo americano rimase favorevole all’Italia anche durante l’aggressione all’Etiopia, mentre le proteste coinvolsero non solo gli antifasciti italiani ma anche parte dell’opinione pubblica americana.