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Sinti e rom. Storia di una minoranza

Karola Fings
Bologna, il Mulino, 128 pp., € 12,00 (ed. or. München, Beck C.H., 2016, traduzione di Alessandro Dal Lago)

Anno di pubblicazione: 2018

Il volume è un contributo importante alla conoscenza di un popolo, quello dei sinti e dei rom, che è sottoposto a generalizzazioni e stereotipi secolari che hanno causato raz- zismo, ma soprattutto politiche di segregazione e sterminio in Europa. Karola Fings è au- trice di molteplici opere relative alla storia di sinti e rom inscritte all’interno delle vicende del genocidio nazista: la competenza è un elemento fondamentale da sottolineare, perché la ricostruzione della storia di questa minoranza ha spesso conosciuto approssimazione da parte di molti studiosi improvvisati che hanno diffuso rappresentazioni fasulle e mistifi- canti. È quindi un libro che racconta dell’antiziganismo europeo costruito e diffusosi nel nostro continente attraverso i secoli.
Questo lavoro ha il merito di muoversi su due percorsi paralleli: decostruisce lo ste- reotipo e offre contestualmente dati per elaborare un’immagine veritiera e reale di queste comunità. L’a. sottolinea che il primo rischio è quello di percepire questo popolo come una comunità omogenea. La definizione più appropriata resta ancora quella dell’antropo- logo Leonardo Piasere che identificò i rom come «un mondo di mondi». È stata la stessa Unione Europea a invitare ad un uso omnicomprensivo del termine rom, ma è sempre necessario avere ben presente che si tratta di un universo di comunità con tradizioni, usi e costumi assai differenti tra loro che costituiscono la minoranza più numerosa dell’Ue (p. 7). Narrare di rom e di sinti significa quindi entrare nel complicato rapporto tra minoranze e maggioranze potendo riscrivere la storia delle relazioni di potere che s’intes- sono tra popolazioni. L’a. segnala in maniera appropriata alcune mistificazioni che hanno implementato immagini fasulle: tra queste nominiamo in particolare la generalizzazione dello «zingaro nomade» sulla cui base è stata strutturata la politica italiana dei campi nomadi. Nessun rom o sinto ha un «istinto nomade» (categoria coniata dal nazismo), ma quest’affermazione permette di valorizzare l’elemento centrale di questo volume: non sarà possibile giungere al pieno riconoscimento e all’inclusione, finché ci sarà negazione della storia rispetto alle vicende che questo popolo ha condiviso con il resto delle popolazioni europee.
Fings ci ricorda proprio come la mistificazione abbia sempre prodotto l’elaborazione di un’immagine di «zingaro» estraneo al tempo storico, radicato solo nel presente, come se rom e sinti fossero incapaci di narrazione. Negare la storia ha significato anche negare il genocidio subito durante il nazismo; per questo motivo, i movimenti per i diritti civili che sono nati all’interno delle comunità hanno da sempre al centro una rivendicazione che si sviluppa nell’ambito della storia: essere riconosciuti come attori della storia europea per essere riconosciuti cittadini del presente, a partire da una condizione particolarmente in- teressante, quella di coloro che si dicono popolo, senza rivendicare dei confini nazionali.

Luca Bravi