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Un melanconico leggero pessimismo. Diario di politica e di banca (1946- 1952)

Anton Dante Coda
Firenze, Olschki, XXXVIII-378 pp. con 23 ill. f.t., € 45,00

Anno di pubblicazione: 2018

Il Diario di Anton Dante Coda, uno dei «banchieri umanisti» del secondo dopo- guerra, contribuisce non soltanto ad approfondire la figura e l’attività del primo presi- dente dell’Istituto bancario San Paolo di Torino in quel periodo (dal 1946 al 1959), ma favorisce anche una migliore comprensione della politica del Partito liberale e della sua dialettica interna.
Politicamente impegnato fin dal primo dopoguerra, Coda fece parte della delegazio- ne piemontese al Congresso fondativo del Pli, nel 1922; contrario al «listone» nel 1924 e alla collaborazione con il fascismo, si avvicinò poi a Carlo Rosselli, a Giustizia e Libertà, e a esponenti dell’antifascismo liberaldemocratico. Attivissimo nella Resistenza – prima componente del Comitato torinese delle opposizioni poi del Clnai – e nelle iniziative di riorganizzazione del partito nel Nord, membro della Consulta nazionale, si schierò a favore della mozione agnostica sulla questione istituzionale.
Considerava Francesco Ruffini suo «grande indimenticabile Maestro […] padre spi- rituale» (p. 243) e Croce – cui fu legato da rapporti di amicizia – un riferimento inelu- dibile. Einaudi lo volle alla presidenza dell’Istituto San Paolo; vi venne riconfermato nel 1950, grazie ancora al suo appoggio, a quelli del suo successore come governatore alla Banca d’Italia, Menichella, e di Pella, ministro del Tesoro. Senza incarichi ufficiali nel Pli, fu però «dietro le quinte sempre presente nelle vicende del partito» (p. XXIX), in quelle relative al primo Congresso liberale dopo la fine del fascismo e a quello del 1951, di uni- ficazione e di mobilitazione delle forze liberali, come nelle discusse decisioni sulla crisi del governo Parri nel dicembre 1945, sulla partecipazione al IV governo De Gasperi – con la vicepresidenza di Einaudi – o sull’accordo del Pli con monarchici e qualunquisti, al quale fu contrario, per le elezioni politiche del 1948.
Convinto dell’importanza di una stampa d’ispirazione liberale, cercò anche, ma sen- za successo, di evitare, nell’ottobre 1948, la fine delle pubblicazioni del «Risorgimento Liberale» e, alcuni anni dopo, della «Gazzetta del Popolo». Il Diario, accuratamente anno- tato, dà conto della molteplicità delle relazioni a livello nazionale di un notabile nell’Italia della «democrazia dei partiti» e offre elementi interessanti dei rapporti fra banca e indu- stria, fra banca e politica nel periodo della ricostruzione. La sua gestione di una delle più prestigiose banche italiane, ispirata a un rigore einaudiano, fu particolarmente importante non soltanto per il finanziamento alle principali opere pubbliche del capoluogo piemon- tese (fra le altre: aeroporto di Caselle, Galleria d’arte moderna, Biblioteca civica, Teatro Regio) ma per il più generale apporto alla ricostruzione del paese.
Il Diario è insomma – come sottolinea Nicolosi nell’ampia Introduzione – «una bella galleria della borghesia italiana degli anni Cinquanta e soprattutto di quella borghesia che
era stata impegnata con Coda nella lotta di liberazione» (p. XXXI).

Pier Luigi Ballini