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Vittorio Emanuele II

Adriano Viarengo
Roma, Salerno, 2017, 502 pp., € 29,00

Anno di pubblicazione: 2018

Il saggio che Viarengo ha dedicato a Vittorio Emanuele II appartiene a una collana
improntata ad una seria divulgazione: accanto alla sapienza narrativa è richiesto un apparato
di note contenuto, ma selezionato. La ricostruzione è ben articolata, l’interpretazione
sicura. La vicenda del primo re d’Italia è ripercorsa dalla formazione, seguita attraverso
la sedimentazione di un carattere condizionato dall’ambiente di corte, ma rispondente a
lineamenti intrinseci (l’esuberante propensione all’azione, la debole lettura dei contesti
sofisticati, l’estraneità al gioco politico-parlamentare, un’intuitiva visione della monarchia
costituzionale, la manifestazione di una certa furbizia «popolare»), ai quali l’uomo sarebbe
rimasto sempre fedele.
Non tutto, naturalmente, è originale: parte del volume recupera l’interpretazione
della storiografia più consolidata; ma l’a. mostra una saldezza di giudizio e una capacità
di discriminare i contributi meritevoli di citazione tipici di chi ha grande consuetudine
con l’argomento, le fonti primarie, le letture più aggiornate. Felice il capitolo dedicato
alle trattative di pace con l’Austria dopo la disfatta del 1849 (pp. 108-127) con, in primo
piano, la tentazione di Vienna di entrare nel meccanismo costituzionale subalpino appena
nato, onde ridurne la gittata a favore dell’autorità del sovrano. Vittorio Emanuele percepì
il tentativo austriaco come una limitazione di sovranità, qual era in effetti, ma sembrò trascurare
l’altro côté della questione: il potenziale spostamento a suo favore della responsabilità
esecutiva rispetto all’intransigenza della Camera dei deputati. Aveva un’idea tutt’altro
che banale del suo ruolo, che si giocava su una temporalità differita rispetto a quella di
una compagine ministeriale. Il re «che regna ma non governa» significava per lui ritenere
«di avere la responsabilità piena e non rinunciabile degli atti governativi. Perciò si riteneva
in diritto di avere una sua politica anche non in linea con quella ministeriale, una politica,
quest’ultima, ai suoi occhi assolutamente transeunte, a differenza di quella dinastica» (p.
168). È uno dei passaggi interpretativamente più importanti del saggio.
L’a. privilegia giustamente i primi quarant’anni di vita del sovrano, nato nel 1820 e
morto a neppure 58 anni all’inizio del 1878: in effetti, dal punto di vista della resa biografica,
il periodo successivo al 1861 pare così intimamente collegato con la vicenda politicoparlamentare
del Regno d’Italia, da lasciare non molti spazi ad una lettura in qualche
modo «autonoma» della figura di Vittorio Emanuele. Un’eccezione è offerta dal «governo
del re» del generale Menabrea, fra il 1867 e il 1869, che interpretava una visione dello
sviluppo nazionale meno vincolata alla modernizzazione «borghese» dei Lanza e dei Sella.
In conclusione, la biografia di Adriano Viarengo è il prodotto maturo di uno studioso
attento, sicuro nelle linee interpretative, dalla penna felice. Nel suo genere, un lavoro
solido e, rispetto ai titoli di biografia storica disponibili e alla loro qualità, decisamente
sopra la media.

Roberto Balzani