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1914. Attacco a Occidente

Gian Enrico Rusconi
Bologna, il Mulino, 320 pp., € 24,00

Anno di pubblicazione: 2014

Gian Enrico Rusconi negli ultimi anni ha dedicato una costante attenzione ai processi
decisionali che hanno accompagnato l’ingresso dell’Italia e della Germania nel primo
conflitto mondiale. Un tema ora approfondito nel libro pubblicato nel 2014, che è
articolato in quattro parti.
La prima è dedicata alle settimane che precedono lo scoppio della guerra. Qui la domanda
che l’a. si pone è se il conflitto sia stato veramente inevitabile. Rusconi si sofferma
quindi sulla strategia del «rischio calcolato», che ha orientato i comportamenti delle classi
dirigenti dei maggiori paesi europei. Una strategia tanto più evidente in Germania, dove
i contrasti tra politici e militari non escludono che entrambi condividano comunque la
possibilità di scatenare una guerra «offensiva» con finalità preventive; una guerra cioè
volta a zittire le potenze confinanti, Francia e soprattutto Russia, prima che diventassero
troppo forti per essere sconfitte sul piano militare. A differenza del recente passato, tuttavia,
l’elemento determinante che ha contribuito a rendere incontrollabili le tensioni è che
nessun contendente era più disposto ad accettare alcun cedimento diplomatico di fronte
alle pretese altrui (p. 66).
La seconda parte è dedicata invece a esaminare le condizioni per cui le convinzioni di
una guerra breve sono state rapidamente smentite dalla realtà, già a partire dall’autunno
del 1914. La terza parte è dedicata all’Italia, il cui ruolo nel decidere delle sorti del conflitto,
come viene sottolineato con forza, è ancora oggi molto spesso ingiustamente sottovalutato
dalla storiografia internazionale, pur se non appare infondato ipotizzare che, senza
il suo intervento, si sarebbe avuto soltanto un «pareggio» (p. 16) tra le potenze in lotta.
La quarta parte, infine, affronta due questioni di grande rilievo: in primo luogo, il
peso esercitato dall’esperienza della prima guerra mondiale su politici e militari europei
alla fine degli anni ’30, quando furono chiamati ad affrontare le tensioni che avrebbero
portato allo scoppio di un nuovo conflitto mondiale. E, in secondo luogo, il processo di
elaborazione di strategie belliche aventi l’obiettivo di evitare di cadere in quella tragica impasse
che aveva trasformato la Grande guerra in una sorta di estenuante guerra d’assedio.
Da questo punto di vista, Rusconi evidenzia come la Germania si sia trovata a ripetere lo
stesso errore commesso nel 1914: privilegiare l’approccio puramente tecnico-militare –
mirante a trovare il modo di schiacciare gli avversari prima che riuscissero a organizzare
un’efficace reazione – a una grande strategia di alleanze internazionali che rendesse invece
possibile sanare la contraddizione in cui le classi dirigenti tedesche sono cadute entrambe
le volte: quella tra gli obiettivi egemonici a livello continentale che si volevano raggiungere
e l’inadeguatezza delle risorse disponibili per realizzare tale progetto. In questo senso, il
volume appare un interessante approfondimento della prima guerra mondiale come vera
«catastrofe originaria del XX secolo».

 Angelo Ventrone