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Il fascismo e le donne nella «Rassegna femminile italiana» 1925-1930

Stefania Bartoloni
Roma, Biblink, pp. 179, € 22,00

Anno di pubblicazione: 2012

La vicenda di uno dei più importanti periodici portavoce del fascismo al femminile è anche, in trasparenza, la biografia della sua fondatrice e direttrice, Elisa Majer Rizzioli, ispettrice generale dei Fasci femminili, che vi si dedicò dal gennaio 1925 al giugno 1930, data della morte di lei e del suo giornale. Nella ricerca di Stefania Bartoloni la messa a fuoco sul quinquennio si accompagna al richiamo all’attivismo sociale femminista che decolla già fra ’800 e ’900, si sviluppa in modo diverso e drammatico durante il primo conflitto mondiale, per poi sfociare in esiti antiegualitari e antidemocratici, che coinvolgono persino molte emancipazioniste. Nella «Rassegna femminile italiana» si riflettono le rivendicazioni – poi ineluse e disilluse – di indipendenza e libertà di azione da parte delle donne divenute fasciste, che si riconoscevano autentiche co-protagoniste dell’avventura mussoliniana. Nello stesso tempo, quasi, se non di più, che dagli uomini di partito, il fascismo, ipotizza l’a., fu vissuto come una vera e propria religione politica dalle militanti: nazionaliste, dannunziane e fasciste si riconobbero «apostole» e «missionarie» di un credo collettivo cui aderire con passione. Bartoloni, attraverso l’analisi della fonte giornalistica, accompagnata da pregevoli affondi nelle carte dell’Archivio centrale dello Stato, della Segreteria particolare del duce, mette in rilievo elementi non trascurabili nella costruzione dell’identità femminile novecentesca. Primi fra tutti l’ambiguità e la forza/debolezza della cosiddetta «cultura del materno», che già aveva accomunato le diverse correnti emancipazioniste, e il miraggio del suffragio, magari circoscritto al solo voto amministrativo attivo e passivo (il raggiungimento di un tale obiettivo era destinato a tramutarsi anche per le donne fasciste della «Rassegna» in una sorta di supplizio di Tantalo). Intrecciato alla politica, appare rilevante il mondo delle relazioni personali e sociali. Esemplare la ricerca di un colloquio a tu per tu con il duce che sostiene e anima Majer Rizzioli quando le ostilità dei dirigenti del Partito fascista sembrano schiacciare il suo giornale. O la speranza riposta in Farinacci, poi motivo di amara disillusione e che, per una certa dose di probabile ingenuità della militante, fu anche riposta nel suo successore Augusto Turati. La vicenda fa toccare con mano quanto sia stato difficile per più di una generazione di donne il passaggio dalla pratica sociale – che ella sperimentò nella Croce Rossa durante il conflitto mondiale – alla pratica politica. In particolare per le donne fasciste, strette fra la ricerca di una contraddittoria emancipazione, frutto di un’agognata «modernità», e il virilismo del regime.
È bene ricordare infine che l’a. da tempo contribuisce alla valorizzazione di fondi bibliografici di pregio, come i periodici a stampa della Biblioteca di storia moderna e contemporanea di Roma, che possiede una delle poche copie complete della «Rassegna femminile italiana», ora disponibile anche in formato digitale per la libera consultazione.

Roberta Fossati