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Aesthetic Modernism and Masculinity in Fascist Italy

John Champagne
New York, Routledge, 221 pp., $ 130,00

Anno di pubblicazione: 2012

Il libro rientra in un filone di studi anglosassoni di taglio culturalista sviluppati da storici dell’arte e della letteratura che con troppa disinvoltura analizzano il fascismo attraverso interpretazioni talvolta bizzarre di quadri e romanzi. Sin dalle prime pagine l’a. afferma che le statue dei marmi sono un’espressione di feticismo anale, di corpi che si offrono allo sguardo come le prostitute in vetrina, mentre le raffigurazioni di nudo maschile sono evidenti espressioni di omoerotismo, perché «we might note that the naked buttocks are a source of pleasure for both men and women» (p. 4). Un eccesso di psicanalisi e decostruzionismo, combinati con il materialismo storico e la teoria queer, alimenta la convinzione di poter cogliere i veri significati celati dietro le apparenze, finendo di fatto per sovrainterpretare i testi presi in esame e rendere ancora più fumosa l’analisi. Secondo l’a. le contraddizioni del capitalismo, dovute alla necessità di favorire sia la produzione sia il consumo, rendono la mascolinità fascista continuamente in bilico tra esibizione di un corpo ipervirile e fascinazione omoerotica per quest’immagine dell’uomo, oggetto come le donne di sguardi e desideri. Insomma, la contemplazione erotica del corpo maschile favorisce la sua femminilizzazione e la diffusione dell’«omofascismo». La rappresentazione del pene e dell’ano simboleggiano questa compresenza nell’uomo fascista di una mascolinità attiva e una femminilità passiva e l’ambivalenza tra sessismo e omosessualità, omofobia e omoerotismo. Le opere artistiche, letterarie e musicali sono l’ambito nel quale si esprimono e si risolvono queste contraddizioni e i quadri di De Pisis, Carrà e Janni, le composizioni di Castelnuovo-Tedesco, i testi di Pirandello e i romanzi di Bassani sono gli esempi di questa ibrida mascolinità. Il rischio di tale approccio è però quello di cancellare il fascismo, sia perché se ne sottovaluta l’essenza politica, sia perché solo con molta fantasia si può pensare che l’Enrico IV di Pirandello abbia a che fare con l’intento di distruggere la mascolinità fascista, mettendo in scena il desiderio di «deconstruct phallic subjects» (p. 70).
Risulta invece apprezzabile il sottolineare le molteplici caratterizzazioni della mascolinità e l’eclettismo del fascismo, con la sua capacità di adoperare diversi linguaggi espressivi, coniugando modernità e tradizione. Anche da questo punto di vista sarebbe stato però opportuno far più attenzione a non dare lo stesso peso a correnti e opere che hanno avuto un impatto assai diverso sulla cultura e sull’immaginario del tempo. Interessante è infine l’idea di un utilizzo artistico dell’omosessualità, dissimulata abilmente nei testi, per muovere in realtà una critica all’eteronormatività e al fascismo. L’approccio di genere utilizzato per interpretare opere artistiche, letterarie e musicali è comunque originale e meritevole di essere sviluppato; però con un’attenzione alla concretezza e alla specificità del fatto storico maggiore di quanta non ne mostri l’a., che parte dal presupposto che fascismo e modernismo estetico non siano fenomeni circoscritti nel tempo e nello spazio ma «cultural logics» ancor oggi operanti.

Lorenzo Benadusi