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Il giro d’Italia. Dai pionieri agli anni d’oro

Mimmo Franzinelli
Milano, Feltrinelli, 342 pp., € 20,00

Anno di pubblicazione: 2013

La storia dello sport in Italia sta ancora vivendo una lunga fase di transizione da un
approccio puramente giornalistico a un pieno approdo storiografico. Finora un’indubbia
vitalità ha favorito, più che ricerche specifiche, grandi narrazioni di appuntamenti di
rilievo storico, come appunto il Giro, che dal 1909 catalizza la passione di milioni di
italiani. Nel complesso il panorama storico sportivo italiano, frutto ancora degli sforzi più
dei giornalisti, anche fra i più affermati, che degli storici, appare comunque ricco e offre
storie sicuramente godibili, ma che descrivono molto e si pongono pochi interrogativi,
che si soffermano a lungo sulle statistiche dei piazzamenti e sciolgono poco i nodi storici.
Il volume di Franzinelli testimonia questo sforzo di traghettare la storia dello sport sull’altra
sponda. Il valore aggiunto consiste nell’opportunità, che ha avuto l’autore, di accedere
all’archivio privato del patron storico del Giro, Vincenzo Torriani, grazie all’interessamento
del figlio, che firma anche la postfazione. La scrittura da storico e una considerevole
bibliografia finale sulla storia del ciclismo, che compensa l’assenza di note, danno corpo al
libro, benché l’autore, appassionato egli stesso, non riesca a sottrarsi qua e là ai toni epici
prevalenti quando l’amore fa velo al distacco scientifico, rischio che il ciclismo fa correre
quasi a tutti quelli che lo raccontano. Sul mercato librario, del resto, si moltiplicano oggi
proprio libri-atti d’amore per uno sport reputato epico, che si presta a essere trattato alla
stregua di un poema omerico, e trattazioni filosofiche, nelle quali il ciclismo diventa religione
e scelta di vita (si veda per esempio il recente gustoso Walter Bernardi, La filosofia
va in bicicletta. Socrate, Pantani e altre fughe, Portogruaro, Ediciclo, 2013), in un paese in
cui finalmente si acquistano più biciclette che automobili.
Detto questo non mancherebbero spunti da approfondire adeguatamente sul piano
storiografico, che ancora attendono ricercatori interessati. Il settore della produzione,
la gestione economica delle gare, delle squadre e delle associazioni, la dinamica degli
stipendi e delle sponsorizzazioni, la pubblicità sono solo alcuni temi, prevalentemente
economici, capaci di contribuire al definitivo salto di qualità. Così come altri aspetti legati
al ciclismo, quali la spettacolarizzazione, la trasformazione del giornalismo sportivo (dal
mitico Processo alla tappa) e la stessa conoscenza del paese veicolata attraverso la televisione,
in pratica l’Italia nello specchio del Giro, valorizzerebbero ancora di più la ricerca
storica in questo campo.

Andrea Giuntini