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Vita di Leone Ginzburg. Intransigenza e passione civile

Florence Mauro
Roma, Donzelli, VI-154 pp., € 18,50

Anno di pubblicazione: 2013

Scrivere la biografia di un uomo colto e coraggioso, intransigente e generoso, tragicamente
ucciso nel fuoco della sua battaglia per la libertà, prima che una precoce e
straordinaria intelligenza portasse frutti maturi, è senza dubbio difficile. La tentazione
dell’agiografia o quella contigua dell’autoidentificazione retrospettiva incombono a ogni
passo della ricerca e della ricostruzione storica. Per comprendere e raccontare la biografia
di uomini come Leone Ginzburg occorre dunque una dose supplementare di vigilanza
critica e autocritica, di rigore analitico e di sobrietà narrativa. Florence Mauro ha invece
scelto una strada diversa: per lei, scrivere la Vita di Leone Ginzburg è stato «come sollevare
un vessillo o scrivere un manifesto» (p. 5).
Non stupisce che questo testo, concepito originariamente come sceneggiatura di
un documentario, metta in primo piano l’a., quale voce narrante che spiega il legame
famigliare con Torino, la passione per Ginzburg e il suo mondo, la condivisione del radicalismo
dell’intellettuale antifascista. Non è tuttavia la presenza dell’a. – pur a tratti ipertrofica
– ad essere di per sé problematica. Piuttosto, è il genere di scrittura, che scaturisce
direttamente da questa presenza, a rendere evanescenti i rapporti tra testi e contesti, a sfumare
la precisione dei rimandi archivistici, a stemperare la tragicità dei dilemmi politici e
la complessità dei problemi storici.
Il nesso tra poesia e politica è la chiave di un’interpretazione di Ginzburg tutta filtrata
attraverso Pavese (fin dall’epigrafe). Per Mauro, il russo piemontese fu «un sommo
poeta» (p. 5), dedito a una rivoluzione «visionaria», che avrebbe fatto «una nuova Italia,
perfettamente libera e democratica» (p. 147). In questo senso, Ginzburg diventa l’emblema
di un radicalismo morale e politico in cui i diversi aspetti della sua personalità –
«esemplare e senza faglie» (p. 150) – trovano una perfetta coerenza. La loro cifra comune è
l’intransigenza, matrice di una tradizione che, agli occhi dell’a., si rinnova senza soluzione
di continuità fino al presente.
Nessun dubbio che l’unità profonda, se non indissolubile, in Ginzburg, di passione
letteraria e passione civile, di lavoro editoriale e impegno politico, di filologia e lotta per
la libertà sia la fonte del suo fascino inesauribile; essa pone, però, interrogativi cruciali sui
modi in cui interpretò l’organizzazione della cultura e la militanza antifascista, così come
i loro reciproci rapporti. La sua intransigenza non fu mai disgiunta dal senso di carità,
dalla comprensione degli esseri umani, nelle loro esigenze concrete – prosastiche più che
poetiche – di giustizia e di libertà. L’esperienza dell’esilio, fondamento del suo atteggiamento
cosmopolitico, alimentò un confronto critico, ma non senza contraddizioni, con
due diverse identità nazionali (italiana e russa). Questo confronto assunse significati e
implicazioni che rimandavano di volta in volta a contesti in cui la politica era al tempo
stesso il problema terribile del «proprio tempo» (il fascismo e il nazismo, ma non solo), e
la possibile risposta per una civile convivenza tra i popoli europei.

Marco Bresciani