Cerca

Etiopia 1800-1900. Le strategie del potere tra l’Africa e l’Italia

Irma Taddia
Milano, FrancoAngeli, 172 pp., € 22,00

Anno di pubblicazione: 2013

L’Etiopia imperiale ha sempre sfruttato il mito della propria discendenza salomonica,
capace di conferirgli un’origine biblica, un passato millenario e generosi confini
politici. In questo modo è stato possibile spacciare un paese nuovo, che in buona parte
si è formato grazie a un’espansione avvenuta nella seconda metà del XIX secolo, in uno
degli imperi più antichi della storia. L’espansione della monarchia dello Sawa verso le terre
non amhara del Sud ha attirato l’attenzione degli studiosi, lo stesso non si può dire per
l’espansione verso Nord. Con questo studio Irma Taddia si propone di colmare tale vuoto
storiografico, analizzando la conquista del Nord e il processo d’inclusione del Tegray
nel più vasto Impero etiopico. I rapporti fra Tegray e Sawa tendono a essere semplificati
nella lotta per il potere tra l’elemento trigrino e quello amhara. Questo schematismo è
rifiutato dall’autrice che ritiene l’identità un processo dinamico e di negoziazione della
propria appartenenza. La società etiopica dell’800 è, infatti, un’entità statuale più che
etnica-clanica.
Nel XIX secolo i rapporti politici tradizionali si modificarono profondamente. In
primo luogo il Tegray si ricompattò. Grazie all’azione degli imperatori Tewodros e Yohannes,
il Marab Mallas, un’area che godette sempre di una notevole autonomia, venne riportato
saldamente all’interno del Tegray. L’arrivo degli italiani interruppe questo processo,
rendendo irreversibile la separazione del Marab Mallas dall’Etiopia. Una separazione che,
secondo l’a., favoriva gli interessi di Menelik. Adua rappresentò per l’Etiopia una sorta
di vittoria mutilata. Gli italiani furono sconfitti, ma non scacciati dal Marab Mallas. Per
comprendere il paradosso di un esercito che otteneva sul campo una vittoria che i politici
in parte sciupavano al tavolo delle trattative, l’a. suggerisce che un Tegray unito avrebbe
rafforzato le pretese autonomistiche di Mangasa, di qui la scelta di utilizzare l’Italia come
alleato nel contenere le aspirazioni del Tegray (p. 59). La decisione, formalizzata nel protocollo
firmato il 10 luglio 1900, di fissare i confini dell’Etiopia sulla linea Marab-Balasa-
Muna produsse un comprensibile scontento. L’essere scesi a patti con l’Italia fu però una
scelta impopolare. Per la prima volta nella letteratura etiopica, apparvero una serie di testi
critici nei confronti dell’imperatore. Gli scritti di blatta Gabra Ebzi’abeher e kantibai
Gilankiel, ad esempio, sfidarono il potere criticandone la politica. Un fenomeno nuovo
in un panorama dove l’identificazione fra potere politico e letteratura era stata pressoché
totale.
Anche se in alcuni punti ripetitivo, il lavoro di Irma Taddia è stimolante, a tratti provocatorio.
Vi sono affrontati temi classici, come il rapporto centro-periferia nell’impero
etiopico, e temi nuovi, come la relazione tra letteratura e potere ai tempi di Menelik. Sui
primi l’a. formula giudizi chiari e definitivi, sui secondi il volume suggerisce affascinanti
spunti per ulteriori ricerche.

Massimo Zaccaria