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La guerra fredda economica. Italia e Stati Uniti 1947- 1989

Adriana Castagnoli
Roma- Bari, Laterza, 250 pp., € 25,00

Anno di pubblicazione: 2014

Il volume è una rassegna sintetica delle relazioni diplomatiche tra Stati Uniti e Italia
tra il 1947 e il 1989, con particolare enfasi sugli episodi nei quali l’economia giocò un
ruolo rilevante. Decisamente caratterizzato in senso narrativo, torna su numerose vicende
note e meno note riguardanti l’economia della penisola (dall’adesione al Piano Marshall
alla nazionalizzazione dell’energia elettrica, dai negoziati commerciali in sede Gatt
al rapporto privilegiato con la Libia di Gheddafi), forte di una corposa documentazione
primaria di provenienza statunitense. Attraverso tale documentazione, l’a. esplora tanto
il dibattito statunitense, quanto le azioni intraprese da Washington per orientare le scelte
economiche italiane in senso favorevole agli interessi statunitensi. In questo contesto,
un nucleo specifico di preoccupazioni americane fu dedicato, almeno a partire dai primi
anni ’60, alla dipendenza energetica italiana dall’estero, che poteva essere declinata anche
come «dipendenza dal petrolio russo» (p. 91) – probabilmente “sovietico” sarebbe stato
un aggettivo più corretto in questo contesto. Altrettanto peso rivestono le questioni relative
al ruolo italiano nelle Comunità europee e le vicende della «crisi degli anni ’70»
(mentre le posizioni italiane nelle questioni monetarie internazionali sono trattate con
minore enfasi).
La costanza dell’intervento statunitense, pur nella diversità degli strumenti da esso
di volta in volta utilizzati, conduce l’a. a concludere che «gli effetti della guerra fredda
sull’economia italiana finirono per determinare un modello di sviluppo anomalo rispetto
ai Paesi più avanzati» (p. 237). Si tratta di una tesi non nuova, che trova tuttavia la propria
ragione di originalità nell’ampio ricorso alle fonti primarie di cui sopra: l’a. cita, infatti,
documenti interni a ogni amministrazione statunitense da Harry Truman a Ronald Reagan,
raccolti presso i National Archives e le varie Presidential libraries.
Se la sintesi, l’estensione cronologica e il ricorso alle fonti primarie sono i punti di
forza del volume, i rilievi critici da muovere sono essenzialmente due: da un lato, il confronto
con la pur ampia bibliografia esistente sulla maggior parte delle vicende trattate è
condotto in modo sporadico, con il riferimento a pochi titoli citati in nota (manca, del
resto, una bibliografia finale); dall’altro, il ricorso alla documentazione primaria italiana
appare assai limitato e confinato quasi esclusivamente agli anni di Truman ed Eisenhower.
Pur all’interno di un volume utile per lo studioso e per lo studente di storia diplomatica,
si tratta di due limiti non privi di rilevanza, soprattutto nella misura in cui il volume non
si propone solo di documentare le opinioni e le azioni statunitensi, ma anche le scelte dei
governi e delle imprese della penisola.

Duccio Basosi