Anno di pubblicazione: 2019
Aga Rossi ha raccolto in questo volume diciotto saggi che coprono venticinque anni di ricerca (dal 1979 al 2012) su temi relativamente poco percorsi, per lo meno fino ai ’90, dalla storiografia italiana; un vuoto derivato dalla scarsa confidenza linguistica con l’inglese, che ormai le più giovani generazioni di storici hanno imparato a conoscere alla perfezione, ma soprattutto dalla preminenza di una storiografia italiana fortemente ide- ologizzata su due terreni, marxismo e cattolicesimo, corrispondenti all’egemonia del Pci e della Dc nel sistema politico italiano della prima Repubblica. Aga Rossi ha invece alle spalle un background internazionale di tutto rispetto con lunghi soggiorni accademici negli Stati Uniti, dove ha consultato archivi federali e privati, ancora in gran parte inediti per gli storici italiani. Ne emerge una continuità di impegno che offre a questo suo ultimo libro il carattere di una vera e propria monografia.
Il lavoro è diviso in tre parti, tra loro dialoganti. Nella prima parte – La divisione dell’Europa nei piani alleati – Aga Rossi sostiene la controversa tesi di una spartizione del continente già a grandi linee decisa nel 1941 e culminata a Jalta, quando già è evidente il vantaggio accordato da Roosevelt a Stalin in questa divisione territoriale nella prospettiva di un accordo duraturo anche nel dopoguerra. Una tesi che non poteva non suscitare polemiche se si considera che la guerra fredda è stata anche una guerra storiografica tra gli intellettuali – come sottolinea l’a. D’altro canto, le sue tesi si andavano rafforzando con la progressiva derubricazione della documentazione americana e poi con l’apertura degli archivi sovietici a partire dal 1991-1992.
Una vasta ricerca archivistica è alla base di ogni saggio anche nella seconda e nella terza parte del libro – Gli angloamericani e l’Italia e L’Unione Sovietica e il Pci; temi che, come i precedenti, hanno suscitato accese polemiche da parte degli storici marxisti orga- nici al Pci la cui egemonia culturale ha avuto un peso non certo irrilevante nell’isolare le voci non allineate. In particolare le tesi sulla svolta di Salerno del 1944, la cui paternità Aga Rossi attribuisce a Stalin, le hanno attirato l’accusa di anticomunismo preconcetto, visto che l’a. smentiva quella «via italiana al socialismo» sulla quale poggiavano la legit- timazione dei comunisti italiani nella sfera politica, il loro radicamento nel paese e la loro pretesa di autonomia dall’Urss. Proprio sul problema del vincolo con Mosca le sue ricerche, tra tutte quella sull’eccidio di Porzûs, hanno messo in luce le responsabilità di Togliatti, disponibile a cedere Trieste a Tito. Neppure davanti alla documentazione sovie- tica diventata accessibile negli anni ’90, si sono fatti i conti con molti dei nodi storiogra- fici sollevati da Elena Aga Rossi; si è insomma preferita la strada dell’oblio che non è un peccato da poco per chi fa il mestiere dello storico.