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A Milano nasce l’Italia. Le Cinque Giornate che hanno cambiato la nostra storia

Alfio Caruso
Milano, Longanesi, 257 pp., € 19,90

Anno di pubblicazione: 2018

Il 18 marzo 1848 Milano insorge contro il governo austriaco. Seguono cinque giornate
di combattimenti che valgono a scacciare gli austriaci dalla città e che portano, con
la dichiarazione di guerra di Carlo Alberto all’Austria, alla prima delle tre guerre d’indipendenza
italiane. In questo libro rivolto al grande pubblico Alfio Caruso si propone
un compito non semplice: appassionare lettori non specialistici attraverso un racconto,
necessariamente rigoroso, degli avvenimenti.
Nella prima parte, Caruso si sofferma sulle circostanze che preludono alla rivoluzione.
I fatti lombardi vi appaiono contestualizzati nella stagione di mobilitazione moderata
negli Stati preunitari italiani, che riceve impulso dalla elezione di Pio IX nel 1846. In tale
cornice, emergono le rivendicazioni dei milanesi verso l’Impero austriaco. Milano è una
città manifatturiera ben inserita nel circuito produttivo europeo; centro mondano e culturale,
peraltro, a livello continentale. Questa vitalità alimenta lo scontento dei ceti medi
produttivi, della nobiltà e della borghesia professionista, che nell’insieme lamentano agli
austriaci l’esclusione dagli alti incarichi politici e amministrativi, quanto la pesante pressione
fiscale sul Lombardo Veneto, più elevata che negli altri possedimenti dell’Impero.
Il 18 marzo 1848, sulla scia delle insurrezioni di Vienna e di Venezia, Milano insorge
chiedendo l’indipendenza del Lombardo Veneto dall’Austria. La parte centrale del volume
è appunto dedicata alle cinque giornate. L’a. ne realizza un racconto «popolare». Per
un verso, vi sono infatti gruppi di attori differenti che al momento dell’azione fluiscono
nella folla magmatica o almeno sembrano parteciparvi «spiritualmente»: dagli allievi del
prestigioso collegio Boselli ai facchini bardati con il tricolore, sino ad arrivare ad Alessandro
Manzoni, che scrive alle figlie durante le ore della rivolta. Si tratta di un racconto
«popolare», per altro verso, perché rende incisivi nella trama complessiva personaggi misconosciuti,
affezioni private, sentimenti condivisi, aneddoti apparentemente insignificanti.
Sono queste le pagine più efficaci, sebbene manchi una messa a fuoco contestuale
dell’azione e dei propositi specifici delle forze liberali che con la piazza interagiscono.
Il volume si chiude con un breve resoconto della prima guerra d’indipendenza, nel
quale si accenna alle divergenze fra il governo provvisorio e il comitato di guerra milanesi
e alla scarsa prontezza dell’esercito piemontese come fattori determinanti della sconfitta.
L’insuccesso in realtà è esito di molteplici cause, fra le quali lo svantaggio di uomini e
mezzi fra le forze «italiane» e l’esercito austriaco e la defezione degli altri Stati italiani.
Nel complesso una lettura piacevole, attenta alla cronologia quanto alla causalità
degli eventi, nonostante una negligenza – il focus sulle correnti politiche – e una lieve
faciloneria nell’epilogo sulla prima guerra d’indipendenza. In tempi di nostalgie per il re
Borbone, da apprezzare perché restituisce il senso della lotta per l’indipendenza e l’unificazione
italiane.

Viviana Mellone