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A tempo debito. Donne, uomini, relazioni di credito a Napoli tra Ottocento e Novecento

Maria Rosaria De Rosa
Roma, Viella, 116 pp., € 22,00

Anno di pubblicazione: 2017

Il libro ricostruisce alcuni scenari del mercato del denaro a Napoli tra ’800 e ’900
analizzando le tracce che le fonti, specialmente giudiziarie, hanno conservato dei rapporti
creditizi di donne e uomini delle classi mercantili.
Si tratta di una ricerca che senza dubbio aggiunge significativi elementi di conoscenza
al quadro storico del sistema creditizio e bancario di una città in cui il «piccolo
credito» – come viene definito (p. 48) – rappresenta spesso un vero e proprio mestiere, di
cui a rendersi protagoniste sono le donne e su piani diversi, dalle speculazioni finanziarie
a basso rischio alla bancarotta fraudolenta o ad altri affari poco «puliti».
È proprio questo protagonismo femminile, probabilmente anche molto più ampio
di quanto possa emergere dalla documentazione giuridica – documentazione che in generale,
com’è noto, restituisce solo la punta dell’iceberg di fenomeni che restano in gran
parte nascosti sotto la linea di galleggiamento imposta dalla legalità –, a costituire uno dei
risultati più originali di questo lavoro, che contribuisce altresì, sulla scia di sollecitazioni
storiografiche che molto devono ai fecondi apporti di storia delle borghesie meridionali
maturati negli anni ’90 del secolo scorso, a schiarire la complessità dei circuiti finanziari
dell’area indagata.
Una complessità attestata, secondo l’a., da percorsi di credito e debito più conflittuali
di quanto in genere si pensi, fluidi e molto poco lineari fino a ’900 inoltrato, vista
anche l’incidenza, e per lungo tempo, di logiche della piazza oltre la semplice dicotomia
formale/informale e di elementi immateriali e non monetizzabili anche nei sistemi di
garanzia. Pesano a lungo, infatti, meccanismi dello scambio e dell’affidabilità tipici di
rapporti economici più tradizionali, come il regime dotale e il senso dell’onore (il quale
è prerogativa anche delle logiche dei pagherò del Banco di Napoli ancora nel secondo
’900), mentre le stesse «banche private» (o agenzie dei pegni) appaiono ben lungi dall’essere
un fenomeno marginale della vita economica della città, alla luce delle attente strategie
imprenditoriali che ne contrassegnano l’agire. Non è un caso se ancora negli anni
’50 del ’900 il Banco di Napoli ponga la buona moralità e la puntualità nei pagamenti
alla base delle sue linee di credito alla clientela, ribadendo pertanto l’influenza di usi mercantili
di vecchia data presenti anche nelle modalità di gestione dello sconto di cambiali
di altre istituzioni bancarie nel corso del ’900. In questa prospettiva, lo stesso istituto del
fallimento, che l’a. ripercorre sul piano di trasformazioni giuridiche per la verità già ben
note alla storiografia, è procedura giudiziaria articolata e preziosa, non solo per meglio
comprendere le strategie difensive femminili, ma anche per interpretare la cultura del
credito nella comunità commerciale, in rapporto per esempio agli effetti nelle relazioni
economiche dei patti non rispettati, alle aspettative della comunità professionale rispetto
ai suoi membri inadempienti, alla considerazione dei debiti non riscattati come colpa o,
al contrario, come incidente ammissibile.

Elisabetta Caroppo