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Al-Quds e Yerushalayim: un dialogo in due lingue. I Paesi arabi e la questione di Gerusalemme

Francesca Ceccarini
Milano, FrancoAngeli, 370 pp., € 42,00

Anno di pubblicazione: 2016

In una delle sue prime dichiarazioni in materia di politica estera, il neoeletto presidente
americano Donald Trump ha manifestato il suo intento di trasferire la sede
dell’Ambasciata degli Stati Uniti in Israele da Tel Aviv a Gerusalemme. Come emerge dal
volume di Francesca Ceccarini, tale proposta non è nuova e neppure va annoverata tra
le numerose boutade del presidente-tycoon, ma costituisce una carta che Washington ha
estratto a più riprese dal proprio mazzo nel grande gioco mediorientale.
Il libro è una ricostruzione erudita e minuziosa del ruolo-chiave ricoperto dalla questione
di Al-Quds/Yerushalayim all’interno del conflitto tra lo Stato sionista, il popolo
palestinese e i paesi arabi, e più ampiamente all’interno della politica interaraba e panislamica.
Questo studio si presenta in una certa misura come complementare rispetto ad altri
volumi usciti negli ultimi anni sullo stesso tema – Gerusalemme: una storia di Franco
Cardini (2012) e Gerusalemme senza Dio di Paola Caridi (2013) – caratterizzati tuttavia
da un intento maggiormente divulgativo. Si è così parzialmente colmata una lacuna della
storiografia italiana rispetto alla capitale religiosa del Mediterraneo, riportando al centro
dell’attenzione il conflitto israelo-palestinese in un tempo in cui a esso sono dedicate sempre
meno attenzioni ed energie politiche, malgrado la ricorrenza simbolica del centenario
della Dichiarazione Balfour.
Nel nuovo Medio Oriente che si va disegnando, la faglia più antica – quella che ha
in Gerusalemme il suo epicentro – può apparire come un paradossale fattore di stabilità.
In realtà, l’emergere di nuovi focolai di guerra è inscindibile dall’incancrenirsi dei conflitti
del passato, in quella che appare come una stratificazione complessa di violenza, memoria
e rivendicazioni incrociate.
Il volume mostra come Gerusalemme costituisca una sottile linea in cui si intersecano
i piani di questi molteplici conflitti. Al-Quds è fine e strumento della tortuosa politica
interaraba e panislamica, punto di convergenza ma anche luogo di contraddizione
e rivalità. Lungo le pagine di questo studio si dipana una fitta matassa di interessi politici
e simbolici, che hanno reso Gerusalemme – assieme al ritorno dei rifugiati – la pietra d’inciampo
di ogni negoziato di pace. Se la questione di al-Quds/Yerushalayim si era mostrata
insolubile quando il conflitto era considerato nella sua dimensione arabo-israeliana, essa
lo è divenuta a maggior ragione dopo che il perimetro della contesa – almeno a livello
negoziale – si è ristretto al solo piano israelo-palestinese. Un tale ridimensionamento,
infatti, mal si attaglia alla valenza universale di questa città.
In questo senso, una notazione conclusiva riguarda il fatto che pur non collocandosi
nell’ambito della world history strettamente intesa, Al-Quds e Yerushalayim mostra come la
storia globale sia anche una storia di città, e soprattutto come la storia di una città possa
avere una rilevanza globale.

Giorgio Musso