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parole in pugno. Lingua, società e culture giovanili in Italia dal dopoguerra a oggi – 2009

Alberto Sebastiani
San Cesario di Lecce, Manni, 207 pp., euro 18,00

Anno di pubblicazione: 2009

Sebastiani è un linguista e questo approccio connota in modo significativo il volume nonostante l’analisi interdisciplinare che egli propone. Il tema non è nuovo; si tratta dello studio delle culture giovanili dal dopoguerra agli anni ’80 del ’900. Attraverso le opere letterarie, ma citando anche film, fumetti, canzoni, l’a. presenta una carrellata su alcune forme, oggetti e simboli di un mondo giovanile al centro di profonde trasformazioni.Il primo capitolo riflette sull’oscillazione tra attesa e delusione, tra visione positiva e negativa, tra «peste» e «liberazione» che la letteratura attribuisce alla presenza degli Alleati – presto assimilati ai «Mericani» – nel Sud Italia. Il secondo capitolo è invece più descrittivo. I primi anni ’50 sono analizzati attraverso la narrazione di Guareschi e le storie di Peppone e Don Camillo, simboli, forse un po’ abusati, dell’Italia rurale passata dalla guerra combattuta a quella «fredda». Così come ampiamente sfruttate sono le figure di Coppi e di Bartali che animano il terzo capitolo e traghettano il libro verso i primi anni ’60. L’a. e le sue fonti sembrano confermare la periodizzazione più classica: dai miti della società rurale si passa al miracolo economico e alla sua critica. Bianciardi e la sua Vita agra guidano l’analisi sulle alienazioni prodotte dal paesaggio industriale e urbano. Le culture giovanili sono invece le protagoniste dei capitoli successivi. I teddy boys e la presunta devianza giovanile, i juke box, i flipper e i blue jeans sono i simboli del protagonismo giovanile che accosta ribellione e politica al consumo di massa. L’a. fornisce una rassegna della presenza di questi nuovi oggetti nella letteratura che si dimostra pronta ad assimilare i simboli del nuovo panorama sociale. Il settimo capitolo è un contrappunto ai precedenti: attraverso le opere di don Milani, l’a. sottolinea il carattere culturale e classista dell’idea di gioventù: i contadini e i montanari sono infatti dei «nongiovani» rispetto ai coetanei che abitano altri contesti socio-economici. Il volume si conclude con gli anni ’70 e ’80. I primi non sono assimilati esclusivamente al terrorismo, come invece il senso comune egemone impone. Sebastiani, invece, citando una pluralità di testi fa riemergere la complessità e la pluralità di posizioni e di attori che hanno caratterizzato la contestazione del ’68 e quella del ’77 e la risposta violenta dello Stato e dei suoi apparati. La parabola di un «noi», che nasce e si trasforma, include ed esclude, tramonta e poi ritorna, permette di analizzare, insieme al simbolo del «pugno chiuso», le trasformazioni delle identificazioni giovanili e la loro rilevanza politica.Uno dei meriti del libro consiste nell’ampio corpus di opere letterarie citate e analizzate. Ci sembra però che la mole di materiale non è spunto per riflessioni particolarmente originali: la scansione temporale è quella classica così come i temi e le conclusioni che se ne traggono. L’a. segue la strada della giustapposizione tra opere, significati, simboli; in chi legge rimane la curiosità degli esiti che un’altra metodologia, più attenta invece agli intrecci, agli scambi e alle genealogie, avrebbe potuto produrre sul piano interpretativo.

Enrica Capussotti