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Alessandro Aruffo – Storia del colonialismo italiano. Da Crispi a Mussolini – 2003

Alessandro Aruffo
Roma, Datanews, pp. 167, euro 9,30

Anno di pubblicazione: 2003

Il volume di Aruffo si presenta come una sintesi ?impegnata?, anzi ?militante?: in sé questo non rappresenta un difetto, una volta che lo si sia dichiarato. Ma questa sintesi pare un po’ sovraffollata di concetti e riferimenti, e con un eccessivo appiattimento sui ?crimini coloniali?.
Della storia economica, sociale e politica dell’imperialismo italiano poco rimane in questo volume, il cui senso è tutto racchiuso nel punto interrogativo del titolo del suo primo capitolo: Un colonialismo ?dal volto umano?? Più che una ricostruzione, il suo risulta essere infatti un attacco alla storia del Colonialismo in età liberale e soprattutto a L’imperialismo fascista (sono i titoli delle due parti in cui è diviso il volume: ma dire così vuol forse suggerire che il colonialismo liberale non era anch’esso imperialismo?)
A parole i propositi sembrano storiograficamente aggiornati: ?la difformità di condotta politica [fra liberalismo e fascismo] attiene al modello di società coloniale che s’intende costruire e alla politica indigena adottata? (p. 12). Ma la realizzazione non ne tiene conto e si risolve in una cronaca della storia politica dell’espansione con una insistenza sui (mis)fatti militari.
Il volume si consiglia quindi per un lettore che non conoscesse la cronologia o i principali eventi politici. Anche se occorre rilevare che il tasso di ideologizzazione e di schematismo che percorre queste pagine è altissimo. Alcuni esempi? Crispi ?nel passaggio da una politica di prestigio ad una politica di intervento [?] restava ancorato ad una politica di forza tipicamente eurotradizionalista [?]? (p. 26). La legislazione razziale sarebbe stata introdotta dal fascismo interessato ?alla sistemazione giuridico-ideologica della leadership autoritaria della metropoli? (p. 12). Anche in colonia ?il negazionismo ideologico ha finito per legittimare l’espropriazione dell’identità culturale e nazionalitaria dei popoli oppressi? (p. 14). Nel secondo dopoguerra ?al neocolonialismo paternalistico degli anni Sessanta si è progressivamente sostituito un neocolonialismo assistenzialistico, a conferma di una decolonizzazione tardiva e contraddittoria, forse mancata e comunque soggetta a reazioni xenofobe e neorazzistiche al cospetto dei recenti fenomeni migratori? (p. 16). Il tasso di ?ismi della prosa di Aruffo appare scarsamente tollerabile e soprattutto non la rende facilmente comprensibile.
Non sorprende quindi che l’autore, al di là degli ideologismi e delle formulazioni sloganistiche, tenda a ridurre il colonialismo italiano ad un’esperienza delittuosa. In assenza di ogni pur flebile accenno di storia economica, sociale, delle mentalità rimane solo la ?storia criminale?. Non si nega che crimini e delitti furono compiuti anche da parte italiana sotto la bandiera della civilizzazione e della colonizzazione. Ma ridurre tutto a questo, sia pur con la giustificazione della tirannia dello spazio e della sintesi, sembra troppo.

Nicola Labanca