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Alfio Signorelli – Tra ceto e censo. Studi sulle élites urbane nella Sicilia dell’Ottocento – 1999

Alfio Signorelli
Franco Angeli, Milano

Anno di pubblicazione: 1999

L’a. raccoglie in questo volume sette saggi già editi nell’ultimo decennio. Storia sociale, storia della politica, storia del Mezzogiorno sono i campi del suo lavoro. Nell’Introduzione egli stesso indica il tema storiografico sul quale si concentra la sua riflessione: la faticosa formazione, dal basso e dall’alto sociale, dell’identità borghese in una periferia europea del XIX secolo. Incrinata negli studi meridionalistici da circa vent’anni la tenace immagine della primitiva barbarie dell’isola, Signorelli condivide con altri studiosi l’immagine della Sicilia come “terra di città”, a suo modo pienamente partecipe della fase d’urbanizzazione per eccellenza che attraversò l’Europa tra la Restaurazione e la prima guerra mondiale. E questo addensarsi del reticolo urbano è il contesto nel quale collocare i singoli scenari messi in luce nei saggi con gusto del racconto.
Nell’insieme si possono cogliere tre percorsi principali di un discorso peraltro fortemente unitario. Un primo riguarda la definizione del termine “civile” e il suo uso nei primi decenni dell’Ottocento. Appartenenza alla condizione civile per ascendenza familiare, quindi dato di nascita, o invece per funzione e stile di comportamento, quindi modo di essere: i due significati erano in quei decenni usati entrambi a seconda della strategia sociale di chi li usava, dell’interesse a escludere o includere in una relazione, come dice la sottile analisi di tre episodi collocati in tempi e luoghi diversi (cap. 1), e conferma anche l’esame della difficile affermazione a Catania di un nuovo modello di socialità fondato su un comune interesse culturale rispetto a quello basato su principi ascrittivi di condizione (cap. 6). Un secondo percorso è relativo a storie familiari, esempi di modi d’essere borghese. La storia di una modesta dinastia di notai di un centro marittimo secondario, che non riuscì nel corso dell’intero secolo a consolidare una vera ascesa sociale, mostra la precarietà di una tradizionale condizione civile (cap. 2); la vicenda di commercianti di vino dell’area etnea illustra invece il consolidamento debole dell’imprenditoria meridionale ottocentesca in contatto con i mercati esteri, precario per l’immobilismo produttivo nell’offerta, incapace di forzare la domanda (cap. 5). Un terzo percorso riguarda la storia elettorale, in particolare amministrativa, intesa soprattutto come storia della formazione del corpo votante: chi deve essere l’elettore, chi è l’elettore rispetto a chi può esserlo e perché. Due casi attentamente vagliati: uno all’interno del breve momento costituzionale all’inizio del secolo, il 1813 ad Augusta nel Siracusano (cap. 3); l’altro, nel regno unitario, il 1872 a Catania (cap. 7). In questi frammenti letti in profondità, l’a. riconosce i segni di una comune storia europea della borghesia, ma è cauto nelle conclusioni e al contempo rilancia, più articolate, le domande sui limiti di quei segni, come sembra giusto si faccia.

Giacomina Nenci