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All’ombra della Guerra mondiale. Violenze degli ustascia contro serbi, ebrei e zingari in Croazia (1941-1945)

Alexander Korb
Bolsena, Massari, 288 pp., € 22,00

Anno di pubblicazione: 2018

Le violenze compiute dagli ustascia contro serbi, ebrei e rom sono assimilabili all’Olocausto? A monte dello sterminio perpetrato contro questi gruppi etnici nello Stato indipendente di Croazia, istituito nel 1941, ci fu una pianificazione paragonabile a quella dei nazisti nei confronti degli ebrei? A queste domande cerca di rispondere lo stimolante volume di Alexander Korb, della cui ricerca di dottorato questo lavoro è l’esito. L’analisi in chiave comparativa dei drammatici eventi che si sono consumati in Croazia nel bien- nio 1941-1943 è il punto di partenza dello studio. Dopo un capitolo introduttivo sul contesto e i protagonisti, il testo affronta i tre aspetti centrali della violenza perpetrata dai seguaci di Ante Pavelić: le espulsioni, i massacri e i lager, per poi concludere con un breve capitolo dedicato all’ultimo biennio di guerra.
Korb ci propone una lettura demistificante rispetto tanto alla storiografia nazio- nalista, che tendeva a minimizzare gli eventi e a ridurre a episodi contingenti di guerra le stragi, quanto a quella comunista, la quale invece le concepiva come risultato di una contrapposizione tra gruppi di fascisti e gruppi di perseguitati antifascisti, entrambi non connotati in senso nazionale. La maggiore novità è nell’approccio, che si concentra sui passaggi attraverso i quali si è costruita la violenza. Il fatto che l’aggressione alle vittime abbia cambiato natura e modalità di attuazione e si sia differenziata verso i tre gruppi etnici dimostrerebbe, secondo Korb, la diversità rispetto all’Olocausto. Le uccisioni e le esplosioni di violenza sarebbero spiegabili sulla base di ragioni molteplici e il fatto che gli stessi nazisti le giudicassero spesso aberranti nelle modalità, e in alcuni casi cercassero di frenarle, dimostrerebbe il peso dei meccanismi psicologici attivati, anche presso i civili, dalla particolare situazione della realtà croata.
Non sempre, per la verità, il pur interessante riferimento alla necessità di indagini di tipo psicologico appare convincente, soprattutto perché, pur essendo evocate, que- ste indagini poi non vengono esposte in modo esaustivo. Anche sulla questione della maturazione per gradi e modalità differenziate dell’azione contro le vittime si potrebbe discutere, visto che non sembra una specificità del caso croato, ma la si riscontra anche in quello tedesco. Meglio argomentata risulta invece la tesi secondo cui non è possibile una completa assimilazione al modello tedesco, principalmente a causa di due differenze: la mancanza di un’ideologia organica a base biologico-razziale e l’assenza di una pianifica- zione dei massacri.
Il volume resta un contributo importante per la ricchezza della documentazione e per la dettagliata ricostruzione delle modalità attraverso le quali gli ustascia tentarono durante la guerra di costruire uno Stato omogeneo etnicamente. Auspicabile sarebbe un approfondimento dell’ultimo biennio di guerra, che l’a. in un’intervista posta in coda al libro ha espresso l’intenzione di realizzare.

Emanuela Costantini