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Amadeo Bordiga politico. Dalle lotte proletarie del primo dopoguerra alla fine degli anni Sessanta

Corrado Basile, Alessandro Leni
Paderno Dugnano, Colibrì, 780 pp., € 32,00

Anno di pubblicazione: 2014

Il corposo volume, incentrato sugli scritti di Bordiga, è un utile strumento di lavoro
per chi voglia approfondire il suo percorso ideologico-culturale e la complessa storia del
movimento operaio italiano fino al 1926, quando la sinistra comunista fu definitivamente
sconfitta nel Pcd’I (dalla linea di Gramsci) e nel Comintern. Alla fase successiva, dall’arresto al testamento politico (tre testi del 1964-1965, oltre alla previsione per il 1975 di una
crisi del capitalismo che avrebbe portato alla tanto sognata rivoluzione plurinazionale,
monopartitica e monoclassista), gli aa. dedicano un centinaio di pagine, limitandosi «a
verificare se trovassero conferma le conclusioni della parte precedente» (p. 13).
Dal capitolo XXXII si affrontano l’arresto, il confino e l’espulsione di Bordiga dal
Pcd’I nel 1930; il rapporto con i bordighisti emigrati all’estero e il sostanziale ritiro dalla
politica attiva sostituita da un’azione di propaganda; l’importante e difficile dialogo con
Trockij e con piccoli gruppi a lui connessi; l’incomprensione dell’antifascismo militante
e della Resistenza; le dure critiche ai Cln e alle scelte del Pci «stalinista» di Togliatti; il
controverso rapporto con il Partito comunista internazionalista (prima e dopo la frattura
con Damen del 1952); la «difesa» di Napoli dalla speculazione edilizia legata ai progetti
di ricostruzione (Bordiga fu presidente del collegio degli ingegneri e membro della commissione di studio per il nuovo piano regolatore).
Gli aa., non nascondendo la loro ottica di studiosi militanti da cui emerge la parzialità di varie interpretazioni (la lettura dell’azione gappista di via Rasella e della strage delle
Fosse Ardeatine è infondata, p. 636), rimarcano la damnatio memoriae che colpì Bordiga, di cui evidenziano contraddizioni e debolezze, ma anche il forte impegno tradottosi
nell’elaborazione di scritti destinati a un circuito ristretto di comunisti eterodossi, portati
più a dividersi (pure su temi marginali) che ad aggregarsi. Un impegno offuscato dallo
stesso Bordiga, incapace di cogliere cesure centrali della storia italiana e internazionale
(come il 1956 e il 1968), per lo più restio a mettersi in gioco nel secondo dopoguerra e
sostenitore in chiave anti-individualista dell’anonimato nel lavoro politico, cosa che lo
portò a non firmare una gran mole di contributi togliendogli visibilità ed escludendolo
dal dibattito pubblico.
Colpisce la sua tendenza a non mutare le proprie convinzioni. Dalla seconda metà
degli anni ’20, il succedersi di diversi regimi (in Italia e all’estero), la seconda guerra mondiale e vari conflitti periferici (a cominciare dalla guerra civile spagnola) non scalfirono
il suo modo di interpretare il marxismo, la lotta di classe e la funzione del partito rivoluzionario, pur in presenza di profondi mutamenti nel tessuto socio-economico e culturale
di cui sembrò non accorgersi. Per lo più interessanti le schede biografiche inserite nella
parte finale del libro, soprattutto quelle dedicate a quadri e a militanti di base sui quali è
difficile reperire notizie (pp. 693-765).

Andrea Ricciardi