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Andreas Kappeler – La Russia. Storia di un impero multietnico – 2006

Andreas Kappeler
a cura di Aldo Ferrari, Roma, Edizioni Lavoro, 485 pp., euro 28,00 (ed. or. Münc

Anno di pubblicazione: 2006

Dobbiamo ringraziare Aldo Ferrari e le Edizioni Lavoro per aver tradotto questo libro importante, pubblicato in Germania nel 1992 e già apparso in francese e in inglese. Con esso Kappeler, professore all’Università di Vienna e il più importante specialista della questione nazionale nell’Impero russo, ha fornito agli studiosi della storia europea, del nazionalismo e dei movimenti nazionali, degli imperi, del colonialismo e delle sue forme un’opera di cui non è possibile fare a meno. Essa è aperta da una rapida ma interessante cavalcata che porta il lettore dalla conquista delle terre dell’orda d’oro alle spartizioni della Polonia, che segnano, più della conquista della poco popolata Siberia, la vera trasformazione imperiale dello Stato fondato da Pietro che grazie ad esse conquistò territori abitati da polacchi, bielorussi, ucraini, ebrei, baltici, tedeschi, ecc. Con le spartizioni si apre il cuore del libro dedicato a un lungo XIX secolo, scandito dalle rivolte polacche oltre che dall’espansione verso il Caucaso, l’Asia Centrale e l’Oriente. In questo lungo XIX secolo, chiuso da un 1905 presentato giustamente prima che come rivoluzione «russa», che pure vi fu, come scoppio ritardato della «primavera dei popoli», Kappeler mette in luce la straordinaria elasticità, molteplicità e evoluzione delle politiche «nazionali» zariste e ortodosse, che andarono da un’estrema tolleranza a politiche di esplicita pulizia etnica nei territori del Caucaso. In pagine ricchissime di riferimenti e conoscenze vengono messe in risalto le differenze tra campagne russe e ucraine, tra nobili di origine tedesca, tatara, russa o polacca ? la nobiltà polacca rappresentava allora la maggioranza di quella imperiale ?, le conseguenze della presa di coscienza della necessità di modernizzare e quindi omogeneizzare, introducendo per esempio la leva obbligatoria, un paese con più decine di popoli, lingue e religioni, ecc. La breve carrellata finale, forse inserita per ragioni editoriali, che ci porta dal 1917 fin quasi ai giorni nostri è l’unica nota stonata del libro. Per fortuna con An Affirmative Action Empire: Nations and Nationalism in the Soviet Union, 1923-1939, Cornell University Press, 2001 T. Martin ci ha dato un classico anche sulla questione nazionale in epoca sovietica, che forse qualcuno vorrà presto tradurre seguendo l’esempio di Ferrari. Di recente, altri bei libri ? da F. Hirsch, Empire of Nations: Ethnographic Knowledge and the Making of the Soviet Union, Cornell UP, 2005 a J. Cadiot, Le laboratoire impérial, Russie-Urss 1860-1940, Cnrs, 2007 o M.R. Beissinger, Nationalist Mobilization and the Collapse of the Soviet State, Cambridge UP, 2002 ? hanno arricchito la nostra conoscenza del fenomeno nazionale e imperiale in quella parte del mondo, fornendo materiali nuovi che anche gli studiosi del nazionalismo e della storia europea devono ancora assimilare. Quando ciò avverrà potrò forse smettere di pregare invano i miei studenti e i miei amici di non chiamare «Russia» l’Impero russo o l’URSS, in cui l’aggettivo «russo» era stato e pour cause espunto anche nel nome, negandosi la possibilità di capire tanto il passato quanto cosa sia la Russia odierna.

Andrea Graziosi