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Antonio Medici e Fiorano Rancati (a cura di) – Immagini del lavoro – 2002

Antonio Medici e Fiorano Rancati (a cura di)
Roma, Ediesse, pp. 279, euro 12,00

Anno di pubblicazione: 2002

Il volume nasce da una collaborazione tra l’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico, la CGIL e l’ARCI mirata a fare il punto sulle molteplici narrazioni del mondo del lavoro prodotte dal cinema. Un archivio della memoria sociale e collettiva che appare particolarmente rilevante in una fase caratterizzata dalla smaterializzazione dei processi produttivi e dalla progressiva invisibilità sociale del lavoro. Risponde a questo obiettivo, principalmente divulgativo, l’articolazione del volume in tre parti.
La prima parte raccoglie le riflessioni di sindacalisti ed intellettuali sollecitati ad indagare in quanto ?spettatori d’eccezione? l’immaginario cinematografico sul mondo del lavoro. L’inizio della storia del cinema con La sortie de l’usine Lumière sembra suggerire come ricorda Erri De Luca che il cinema esordisce ?a orario di chiusura del lavoro salariato? (p. 31), sottolineando in qualche modo se non l’invisibilità del lavoro nel cinema, sicuramente la difficoltà dello sguardo della cinepresa a varcare la soglia dei cancelli della fabbrica novecentesca. Tra le cause di questa distanza Aris Accornero segnala l’appropriazione della ?retorica delle mani callose? (p. 23) da parte dei regimi autoritari di destra e di sinistra, mentre numerosi interventi registrano la difficoltà del cinema italiano a rappresentare il declino e la crisi dell’identità operaia che ha prodotto al contrario nel cinema inglese degli ultimi anni importanti lavori, non solo a firma di Ken Loach, da Grazie Signora Thatcher a Full Monty.
In realtà i percorsi affidati a critici e studiosi, raccolti nella seconda parte del volume, contribuiscono almeno in parte a relativizzare la distanza tra lo schermo e i processi storici legati al mondo della produzione. Attraversando la produzione cinematografica occidentale portano alla luce al contrario una pluralità di registri attraverso cui il cinema ha esplorato e raccontato territori e protagonisti. Paolo Manera sottolinea il rapporto ambivalente che lega il cinema alla fabbrica fordista: il fascino esercitato dalla comune matrice tecnologica e moderna, ma anche il disagio per la dimensione di oppressione e alienazione che privilegia la rappresentazione del conflitto sociale, di cui La classe operaia va in paradiso resta un classico. Accanto alle rassegne sul lavoro contadino e sulla miniera di particolare interesse sono le pagine dedicate da Michele Dell’Ambrogio alle molte trasposizioni cinematografiche dei Viaggi della speranza e dell’immaginario della frontiera nel cinema svizzero. Tra i diversi approfondimenti tematici, difficile non notare l’assenza di riferimenti al lavoro femminile, che certo ha cambiato il volto di un mondo tradizionalmente maschile.
L’ultima parte infine è costituita dalle schede di circa cento film, documentari e di fiction, raccolte secondo i diversi percorsi che le precedono, ma che comprendono una panoramica assai più vasta di titoli. Conclude il volume una breve raccolta di recensioni di alcuni classici e l’elenco di cineteche e archivi in cui è possibile reperire le pellicole. Nel complesso si tratta di uno strumento agevole e aperto, utile per la didattica e per l’organizzazione di rassegne tematiche, una ricognizione da cui partire anche per una ricerca più approfondita.

Liliana Ellena