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Antonio Segni. La politica e le istituzioni

Salvatore Mura
Bologna, il Mulino, 504 pp., € 38,00

Anno di pubblicazione: 2017

La robusta biografia di Antonio Segni scritta da Salvatore Mura è il frutto di una
vasta ricerca archivistica e offre un’accurata ricostruzione del lungo percorso del politico
sassarese. Il volume illumina anzitutto il forte radicamento nel mondo cattolico, la carriera
accademica, la militanza nel Partito popolare e i rapporti con il fascismo. Mura traccia
inoltre il profilo del convinto liberale che però nutre anche un forte senso di impegno
sociale che emerge quando Segni, da sottosegretario e ministro all’Agricoltura, lega il suo
nome alla riforma agraria. L’a. comincia poi a affrontare il principale problema storiografico
posto dalla figura di Segni: come si concilia la fisionomia di un sincero riformatore,
anche in contrasto con i suoi interessi personali, e l’immagine conservatrice che se ne dà
abitualmente come presidente della Repubblica?
Mura colloca nel 1958-1959 la svolta di Segni e la collega alla frequentazione degli
ambienti militari, all’esigenza di riequilibrare un partito troppo sbilanciato a sinistra e
al motivo che solo a destra c’era spazio per lui. La posizione assunta da Segni sempre
più esplicitamente contro il centro-sinistra, tuttavia, non fu meramente tattica ma anche
strategica. Già a Vallombrosa, nel luglio del 1957, aveva preso le distanze da Fanfani
sull’apertura ai socialisti, ponendo le basi della futura corrente dorotea che sarebbe nata
due anni dopo. E il secondo governo Segni non fu un esecutivo di transizione ma indicò
un’alternativa importante al centro-sinistra, ispirata dal senso di un crescente pericolo
comunista e dalla spinta a contrastarlo energicamente. Ma la sua proposta politica «fu
fortemente indebolita […] delegittimata dai fatti di Genova» (p. 381): dopo la caduta
di Tambroni, non ci fu più spazio per alternative al centro-sinistra, anche per il cambiamento
in atto nella Chiesa, specie con la morte di Tardini e il pieno dispiegamento dello
spirito giovanneo sulla politica italiana. Da ministro degli Esteri e forse già in vista del
Quirinale, assunse uno spiccato profilo atlantico, nella convinzione che una terza guerra
mondiale fosse vicina. In questa linea si comprende meglio la sua Presidenza, segnata dalla
preoccupazione di indirizzare la politica del governo, ridimensionare Fanfani, ostacolare e
isolare Moro, interrompere il percorso del centro-sinistra. Mura esclude che Segni volesse
un governo del presidente come quello di Tambroni, ma le memorie di Colombo fanno
pensare diversamente. Si colloca in questo senso la sua azione nel luglio 1964, che assunse
una spiccata coloritura politica, al di là dei compiti propri del presidente nella «Repubblica
dei partiti».
Il volume di Salvatore Mura restituisce giustamente a Segni tutto lo spessore della
sua figura politico-istituzionale, liberandolo da rappresentazioni complottistiche sul «golpe
» del 1964 con scarso fondamento storico. Resta tuttavia aperta l’esigenza di sciogliere
pienamente tutti i problemi posti dalla sua complessa parabola.

Agostino Giovagnoli