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Arnaldo Testi – La formazione degli Stati Uniti – 2003

Arnaldo Testi
Bologna, Il Mulino, pp. 253, euro 16,00

Anno di pubblicazione: 2003

?La tattica funzionò, anche se Harrison pagò caramente lo stile virile e plebeo che gli era stato imposto. Eletto presidente, insistette nel prestare giuramento senza cappotto, all’aperto e in un giorno freddissimo. Prese una polmonite e morì un mese dopo (aprile 1841)? (p. 156).
William H. Harrison è stato presidente per un mese. Il modo in cui Testi descrive il fatto non è aneddotico, ma segnala due tratti caratterizzanti la sua storia degli Stati Uniti dal periodo coloniale alla ricostruzione: ben narrato e godibilissimo, il volume ? cosa tutt’altro che facile per un saggio di taglio manualistico ? introduce le categorie storiografiche più aggiornate (nel caso di Harrison quella relativa alla costruzione della mascolinità).
Nel libro ci sono donne e uomini, immigrati, neri e natives, c’è il senso profondo di una società che fin dall’inizio aveva in sé i germi della complessità sociale e della molteplicità di culture che la caratterizzano. E c’è anche il percorso che ha portato alla costruzione di una democrazia dai forti connotati espansivi, nel cui ambito i principi di autogoverno, eguaglianza e libertà si sono amplificati fino a mettere in discussione i confini di razza e genere e a prospettare una missione democratica degli USA all’estero, che si sarebbe espressa nella guerra di Cuba e la cui pratica dura tuttora.
Già dalle prime pagine la novità del taglio storiografico è evidente. Gli insediamenti coloniali sono descritti nell’ambito di una storia mondo che vede le colonie inglesi come ?parte di un vasto circuito atlantico, di un sistema di scambi e relazioni che connetteva fra loro quattro continenti? e la storia coloniale come storia di popoli dai destini incrociati ?nell’ambito di processi che riguardarono la costruzione dei moderni imperi europei non solo nelle Americhe ma anche in Africa e in Asia? (p. 13). L’autore parla delle origini e degli sviluppi dei partiti, dei modi formali e informali della politica, dei caratteri della partecipazione elettorale; restituisce agli schiavi soggettività e capacità di resistenza sottolineando la centralità della famiglia nera; illustra lo sviluppo di un movimento abolizionista interrazziale a larga partecipazione femminile, il linguaggio sessuato della Costituzione, l’approvazione del XIV emendamento che concedeva il voto ai neri (almeno sul piano formale) ma non alle donne e le lacerazioni provocate da tale scelta.
Democrazia è uno dei concetti trasversali nell’opera. Dalla democrazia ?partecipativa? a quella ?multirazziale? sperimentata dai neri liberati dopo la guerra civile, al nesso democrazia-nazionalismo stabilitosi nella costruzione dell’idea di nazione. Ne emergono fallimenti e limiti, mostrando un paese dalla democrazia ?imperfetta? e solo parzialmente inclusiva. L’autore è riuscito in una sfida che egli stesso aveva posto anni fa: come ricomporre una storia frammentata dalla storiografia sociale e multiculturale a danno della storia politica. Gli equilibri tra diversi approcci storiografici sono infatti ottimamente bilanciati. In un periodo in cui si parla tanto di americanismo e antiamericanismo, il libro è un importante strumento di chiarezza per gli studenti e certo il miglior manuale di storia americana in italiano. Gli americanisti aspettano con ansia il volume sul ?900.

Elisabetta Vezzosi