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Aurelio Lepre – Guerra e pace nel XX secolo. Dai conflitti tra Stati allo scontro di civiltà – 2005

Aurelio Lepre
Bologna, il Mulino, pp. 537, euro 25,00

Anno di pubblicazione: 2005

Il titolo è in realtà un po’ ingannevole: non si tratta di un percorso nel secolo breve (qui lungo, in realtà), seguendo la vicenda dei conflitti armati (realtà, percezione, problematiche politiche, economiche e sociali, ideologie, scontro tra giustificatori e negatori, neutralisti e interventisti, bellicisti e pacifisti?), quanto di una storia del Novecento, classica sintesi di storia politica. In realtà, il libro non si potrebbe definire espressione dell’histoire bataille, in quanto le guerre alluse nel titolo sono in realtà fenomeni più vasti degli scontri militari tra eserciti: scontri di idee, interessi economici, concezioni e percezioni, orientamenti etici e visuali politiche, analisi della realtà, spesso assai fallaci, nell’esercizio del potere da parte dei capi. Qui v’è una chiave di lettura dell’autore: l’insistenza sul ruolo dell’individuo nella Storia, nel bene come nel male. Le scelte di singoli hanno avuto tante volte il potere di fare e disfare, di avviare guerre e mantenere paci, di evitare il conflitto o di fomentarlo e addirittura di farlo scoppiare. Pochi uomini, parrebbe, nell’arco del lungo Novecento (il tragitto dell’autore giunge sino al tempo presente), hanno finito per essere decisori della sorte di sterminate masse di popolazione, e hanno più volte, specie in tempi recenti ? si veda la crisi dei missili a Cuba del 1962, che portò il mondo sull’orlo della catastrofe nucleare: giustamente Lepre nota essere stato, quel fatto storico, sin qui un po’ sottovalutato dalla storiografia, anche se la sua analisi forse pecca sul versante opposto, enfatizzando il pericolo. È tuttavia convincente, in questo come in altri passaggi dell’opera, l’attenzione proprio al fattore di rischio e alla spesso del tutto inesistente capacità dei ceti dirigenti (e in specie delle classi politiche, a cominciare da quelle di governo) di gestire quel fattore, dando l’impressione di una casualità al limite del demenziale nelle loro scelte, dalle quali potevano dipendere ? e dipendevano ? la vita e la morte di milioni di persone. Sebbene il mondo europeo, e occidentale euroamericano, sia centrale nell’opera, apprezzabile è lo sforzo di tessere una trama che tenga tutti i fili, dall’Islam alla Cina, dall’America latina all’Africa, dall’India al Giappone. Opera di racconto di fatti, dunque, ma con una presenza ragguardevole dell’autore che non rinuncia a ordinare quei fatti secondo un suo principio di selezione e di gerarchia, entrando nel merito del giudizio storico ed etico-politico. Si possono non condividere (e personalmente non condivido) molti delle opinioni che Lepre esprime o lascia intendere, con nettezza e talvolta, a mio avviso, con eccessiva disinvoltura, specie quando sembra assumere il rischiosissimo ruolo del rovesciatore di miti; ma non lo si può accusare di falsificazione o di sciente omissione di fatti. Una sintesi, dunque, scorrevole, eppure discutibile, completata e ?giustificata? da una ragguardevole (anch’essa selettiva) bibliografia in forma discorsiva. Resta, nondimeno, davanti a opere siffatte l’interrogativo: a chi servono? Quale il loro scopo? Quale il loro pubblico? Insomma: cui prodest?

Angelo d’Orsi