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Aurelio Musi (a cura di) – Alle origini di una nazione. Antispagnolismo e identità italiana – 2003

Aurelio Musi (a cura di)
Milano, Guerini e Associati, pp. 447, euro 25,00

Anno di pubblicazione: 2003

Qual è il ruolo dell’antispagnolismo nella formazione dell’identità italiana? È possibile considerarlo uno degli elementi che hanno contribuito al predisporsi di una coscienza nazionale e magari assumerlo come un ?mito negativo di fondazione nazionale?? A queste domande offre una risposta la raccolta di saggi curata da Musi, frutto di un convegno tenutosi a Maiori nel 2002. Si tratta di un volume sfaccettato, che offre della tradizione culturale e politica antispagnola un profilo giustamente complesso, non riconducibile a un’unica prospettiva. Fondamentale in questo senso la distinzione tra i vari momenti in cui questo ?mito negativo? si è venuto sviluppando.
Vi è anzitutto un antispagnolismo originario, germinato nell’insofferenza verso la potenza aragonese dell’Italia del XV secolo e poi evolutosi nel Cinquecento a seguito dell’influsso delle cosiddetta leyenda negra, nutrita dalle pagine di Bartolomé de Las Casas (si veda il saggio di F. Cantù) e dai resoconti della feroce repressione della rivolta dei Paesi Bassi operata dalle truppe cattoliche del duca d’Alba.
Vi è poi un antispagnolismo settecentesco napoletano (su cui scrivono qui Di Rienzo e Ricuperati), inaugurato dalle famose pagine delle Massime del governo spagnolo a Napoli di Paolo Mattia Doria, un modo per prendere le distanze, sopravvenuti gli austriaci prima e i Borboni poi, da un ingombrante passato. Il filo di questa riflessione settecentesca (Giannone, Galanti, Genovesi e Filangieri) non va tuttavia confuso con la problematica della decadenza d’Italia, che come mostra M. Verga, ha origine nella scoperta, a cavallo tra Sei e Settecento, di un gap culturale, morale ed economico con i popoli del Nord Europa.
Gran parte del libro è però dedicata all’antispagnolismo otto-novecentesco. Già nell’Introduzione Musi tenta di sviluppare il tema, mettendo in fila Cuoco, De Sanctis, la polemica contro lo ?spagnolismo parlamentare? alla Nicotera, per giungere finalmente alla parziale revisione volpiana e soprattutto crociana del pregiudizio antispagnolo; mentre nel secondo dopoguerra, in congiunzione con una certa temperie politica, si sarebbe avuto (G. Pepe, ma anche R. Villari) il riproporsi del tentativo di accollare al governo spagnolo la genesi del ritardo meridionale. Sono soprattutto però i saggi dedicati alle singole storiografie regionali ad attirare l’attenzione e a mostrare l’importanza del tema. Si guardi ad esempio l’intervento di Bitossi su Lo strano caso dell’antispagnolismo genovese e cioè sul paradosso di una città-repubblica che rimugina sulla decadenza presunta di un periodo (1550-1650) considerato recentemente (epperò solo dopo Braudel) addirittura ?el siglo de los genoveses?. O ancora il saggio di Preto su La Spagna nella cultura veneta, in cui si mostrano gli effetti lunghi di vicende antiche come la controversa, fantomatica ?congiura di Bedmar? o il drammatico scontro col Papato culminato con l’Interdetto. O infine i saggi dedicati alla Sicilia (Gallo), Napoli (De Francesco), Milano (Signorotto), Sardegna (Mattone). Nel complesso, un mosaico assai interessante, che offre oltretutto un panorama (Mozzarelli, Muto, Spagnoletti, Visceglia) della revisione profonda operata dalla più recente storiografia sul tema.

Francesco Benigno