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Banche di frontiera. Credito e moneta sul confine italo-svizzero (secoli XIXXX)

Enrico Berbenni
Milano, FrancoAngeli, 187 pp., € 24,00

Anno di pubblicazione: 2015

Lo studio, preciso e documentato, affronta il ruolo esercitato, a livello locale e sul
lungo periodo, dalla frontiera italo-svizzera sul settore bancario, ancora poco esplorato
per l’area ticinese. Se infatti la storia del settore bancario italiano è ricca e abbondante,
più ristretta, anche in ragione di una difficoltà d’accesso agli archivi bancari, è quella sul
versante svizzero.
L’analisi – condotta alternando capitoli centrati, prima, sulla realtà ticinese e, poi,
su quella lariana – pone a confronto due settori bancari regionali confinanti ma alquanto
diversi. Nella seconda metà dell’’800, a fronte della vivacità bancaria comasca forte della
presenza di case bancarie e di un solido settore tessile, inizia a prender forma in Ticino,
nonostante talune fragilità, un attivo settore finanziario. Per questa ragione, la Lombardia,
il Piemonte e l’Italia più in generale, diventano uno sbocco per il risparmio bancario
ticinese, proveniente in larga misura dall’emigrazione cantonale. Contemporaneamente,
anche le case bancarie comasche svolgono alcune attività e intrattengono relazioni con il
territorio ticinese, soprattutto quando il contesto valutario offre opportunità di arbitraggio
sulla frontiera. Oltre un secolo dopo, Lugano potrà assurgere al ruolo di piazza finanziaria
di rilievo nazionale (seppur arretrata rispetto a Zurigo, Ginevra e Basilea), mentre
Como, sempre più integrata nel sistema bancario italiano con Milano al centro, sembra
aver perduto lo slancio iniziale.
Infatti, nel corso del XX secolo, il destino delle due realtà segue cammini diversi
in ragione degli effetti che la frontiera istituzionale, politica e monetaria genera. Come
già evidenziato anche in altri studi, due sono i momenti centrali di questi mutamenti: il
periodo fra le due guerre mondiali (segnato da trasformazioni nazionali e internazionali
che gettano le basi per lo sviluppo della piazza finanziaria svizzera e quindi anche di quella
ticinese che inizia ad attirare capitali italiani) e il secondo dopoguerra (quando queste
trasformazioni si uniscono a flussi finanziari transfrontalieri di ben maggiori dimensioni,
alimentati dal boom economico).
La diversità dei destini bancari di Como e Lugano, non manca tuttavia di un tratto
comune e persistente, come ben emerge anche da questa ricerca: la marginalità nei confronti
dei rispettivi centri nazionali, Milano e Zurigo. Infatti, oltre a essere zone di frontiera,
le due regioni sono anche periferie e, per questo, confrontate con una progressiva
perdita d’autonomia.
Il libro ripercorre queste evoluzioni con la realtà ticinese esaminata prevalentemente
attraverso il caso della Banca della Svizzera Italiana che, pur essendo un istituto importante
non include l’intera realtà cantonale. Il lettore troverà, tuttavia, validi elementi e
informazioni, con riflessioni anche sul futuro, foriere di ulteriori riflessioni e ricerche.

Pietro Nosetti