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Convegno per il centenario della morte di Giulio Bizzozero. Torino-Varese 14-15 maggio 2001 – 2002

Torino, Accademia di Medicina, pp. 224, s.i.p.

Anno di pubblicazione: 2002

Il volume contiene gli atti del convegno, arricchiti da molte illustrazioni. I relatori sono storici della medicina quasi tutti di formazione scientifica, ma anche archivisti. Nato a Varese, laureato in medicina a Pavia, dove iniziò la carriera di docente e di scienziato, Bizzozero fu attento agli sviluppi internazionali della scienza medico biologica. Molto interessanti i suoi rapporti con R. Virchow: alla diffusione e comprensione della Cellularpathologie Bizzozero dette un contributo essenziale, mentre gran parte della medicina accademica in Italia si attardava sulla generazione spontanea e sul vitalismo. Illuminante seguire il percorso che condusse Bizzozero, dall’Università di Pavia, dove già aveva un laboratorio funzionante ed allievi addestrati alla ricerca, a quella di Torino (1873), dove la medicina sperimentale era ancora soltanto un desiderio di Moleschott e di Timmermans (Montaldo). Importante rilievo viene dato al suo impegno sociale per diffondere i risultati della ricerca al di là dei laboratori, attraverso l’?Archivio per le scienze mediche?, e chiedere l’intervento coordinato dello Stato a promozione dell’igiene pubblica; Bizzozero sostenne la legge Pagliani-Crispi e difese la Direzione centrale di Sanità contro il governo Di Rudinì: eppure era per temperamento un conservatore, non un rivoluzionario (Barbiero). Soprattutto però un tema ritorna in molte relazioni: la capacità di Bizzozero di creare scuole e di formare allievi, molti dei quali onorarono la storia della medicina, a cominciare dal premio Nobel Camillo Golgi. Essi diffusero sulle cattedre universitarie di tutta Italia il nuovo modello di docente scaturito da quella rivoluzione scientifica che Bizzozero aveva pienamente compresa ed affermata: colui che unisce all’insegnamento la ricerca come parte del proprio ruolo, ciò che non era nella tradizione universitaria e neppure era previsto dalla legge Casati (Mazzarello, Calligaro). Delle sue scoperte, ampiamente illustrate nelle relazioni, vanno menzionate almeno quella della fagocitosi, proprietà alla base delle capacità dell’organismo umano di difendersi dalle infezioni; quella dei batteri nello stomaco dei cani, che contraddiceva la convinzione allora generale che non si potessero trovare microrganismi vivi nello stomaco (Pareti): ricerca che non fu allora approfondita, ma risultò poi (quasi un secolo dopo, però), decisiva per la diagnosi e cura dell’ulcera (Torelli, p. 87); e quella delle piastrine e della funzione emopoietica del midollo spinale (Bentivoglio, Nanni). Per noi tuttavia il più grande lascito di Bizzozero sta forse nel suo modello di ricerca, (lavoro coordinato di un professore, un assistente e una diecina di allievi); nella sua attenzione ai problemi generali della facoltà e della ricerca scientifica in medicina (Montaldo); nella sua ferma concezione dell’Università come luogo deputato alla formazione delle menti che avrebbero contribuito al progresso del paese (Testa): attenzione e impegno che gli valsero la nomina dal 1887 al Consiglio superiore della Pubblica Istruzione.

Annalucia Forti Messina