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Costantino Di Sante – Nei campi di Tito. Soldati, deportati e prigionieri di guerra italiani in Jugoslavia (1941-1952) – 2007

Costantino Di Sante
Verona, Ombre Corte, 269 pp., Euro 22,00

Anno di pubblicazione: 2007

Di Sante affronta le vicende degli italiani internati nei campi di prigionia iugoslavi tra i giorni successivi all’8 settembre 1943 e la primavera del 1945. I prigionieri sono suddivisi in tre gruppi. Il più numeroso è costituito dai militari disarmati dai tedeschi dopo l’8 settembre, finiti in campi di internamento della Wehrmacht, soprattutto all’interno del Reich, ma in parte anche in Jugoslavia, e, con la sua progressiva liberazione, caduti in mano all’Armata popolare. Un secondo gruppo è formato da coloro che furono catturati dai tedeschi in Germania e nei paesi occupati, internati nel Reich e bloccati in Jugoslavia dopo la fine della guerra nel tentativo di raggiungere l’Italia. L’ultimo gruppo, il meno numeroso, è costituito da forze di polizia e da unità militari e paramilitari della RSI imprigionate nella Venezia Giulia nel maggio 1945. L’a. analizza un tema poco indagato dalla storiografia, restituendo aspetti significativi sia dell’atteggiamento delle forze antifasciste jugoslave rispetto ai militari che si erano macchiati di crimini di guerra e contro l’umanità nel corso dell’occupazione dei territori balcanici annessi e occupati all’indomani dell’aprile 1941, sia di quello connesso alle rivendicazioni territoriali jugoslave relative alle zone del confine orientale contese dall’Italia. Per far pendere le trattative a proprio favore, gli jugoslavi, come del resto molti altri attori del periodo, trattarono i prigionieri come pedine. Il libro si snoda in sette capitoli; nel primo si espongono gli eventi legati all’occupazione italiana e tedesca della Jugoslavia, nel secondo si affrontano invece i giorni seguiti all’8 settembre 1943, quando le fila dell’esercito si sfaldarono e parecchi soldati e ufficiali vennero catturati dalla Wehrmacht. Numerosi militari, sfuggiti alla cattura, si aggregarono ai partigiani jugoslavi. Nel terzo e nel quarto capitolo l’a. tipologizza le diverse prigionie degli italiani in Jugoslavia e traccia una mappatura dei campi di concentramento. Seguono tre capitoli sul rimpatrio dei prigionieri, centrati sulle difficoltà del rientro, che per alcuni ebbe luogo solo nel 1947: per primi rientrarono quanti avevano militato nella Resistenza iugoslava, quasi tutti nel 1945.Con questo lavoro Di Sante pone questioni di indubbio peso storiografico; tuttavia una maggiore precisione terminologica in merito al quadro categoriale dei prigionieri italiani – a volte gli internati militari sembrano confondersi con i deportati nei campi di concentramento nazisti (Konzentrationslager, KL) – avrebbe ulteriormente valorizzato la ricerca. In qualche caso la documentazione avrebbe potuto essere gestita con maggiore attenzione. A p. 63, per esempio, sarebbe stata utile una nota che chiarisse l’errore di memoria di un testimone di Dachau (KL) secondo il quale il campo – notoriamente liberato dagli angloamericani – sarebbe stato invece liberato dai «russi».

Giovanna D’Amico