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Costituzione e amministrazione della monarchia prussiana (1848-1870)

Anna Gianna Manca
Bologna, il Mulino, 486 pp., € 38,00

Anno di pubblicazione: 2016

Il libro, uscito per gli annali dell’Istituto storico italo-germanico di Trento, presenta la sezione relativa alla Prussia di un più ampio manuale di storia costituzionale europea nel XIX secolo, i cui due primi volumi sono già stati pubblicati in Germania a cura di Peter Brandt, Martin Kirsch e Arthur Schlegelmilch (Bonn, Dietz, 2006 e 2012), mentre il terzo è in corso di stampa. L’apprezzabile uscita in italiano di questa parte del manuale consente un’immersione approfondita e dettagliata nella peculiare vicenda dello Stato prussiano, materia che non è nuova all’a., che qui propone una panoramica completa, nell’intento di rivedere da una nuova prospettiva le questioni del Sonderweg e della dinamica tra modernizzazione economica e conservatorismo politico.
Il percorso travagliato della Prussia verso la costituzionalizzazione comincia già dalle premesse, dalla oktroyierte Verfassung del dicembre 1848 e delle sue revisioni successive e quindi dallo scarto crescente tra i progetti del costituzionalismo del 1848 e le sue realizzazioni monarchiche. I tredici capitoli misurano nel dettaglio questo scarto, ne spiegano ragioni e contesto, illustrano come numerosi diritti (a cominciare da quelli di stampa e di associazione), benché riconosciuti, vengano poi «rimossi o mutilati attraverso leggi costituzionali», se non «svuotati dall’interno» (p. 137). Il quadro è notoriamente caratterizzato dalla tensione tra le spinte verso l’emancipazione dal sistema cetual-feudale, e le capacità di sopravvivenza di quest’ultimo, consentite sul piano costituzionale da un bicameralismo dominato dalla camera alta di nomina regia, e dal sistema elettivo per classi della camera bassa.
La discrepanza tra mutamento e persistenze risalta in primo luogo dal punto di vista territoriale, cospicua peculiarità dello Stato prussiano, che tra il 1815 e il 1866 cambia notevolmente la propria estensione conservando tuttavia immutata l’articolazione del potere amministrativo in cinque livelli, dal Comune al Ministero, a dispetto dei progetti costituzionali progressisti di semplificazione amministrativa. L’a. mette in rilievo l’importanza di questa dimensione sia nel primo capitolo (dove si sente la mancanza di un apparato cartografico) sull’articolazione territoriale del Regno, sia nel corso della trattazione, ad esempio nelle parti dedicate al disciplinamento sociale e all’integrazione di mercati e imprese.
Ancora, la mancata corrispondenza tra mutamento e persistenze risalta sul piano delle regole di rappresentanza, e su quello della crescita della cultura costituzionale nella classe funzionariale, tuttavia oppressa da regole disciplinari verticistiche. Illuminanti le pagine sull’esercito e il sistema giudiziario, nonché sui rapporti contrastati tra il governo e le Chiese, sui limiti della regolamentazione del lavoro, limitata al settore industriale, e sulla progressiva politicizzazione delle questioni di finanza pubblica, a partire dal 1849.

Carolina Castellano